Pompei, il pizzaiolo Contaldo sul podio al Mondiale di Parma
E' risultato il primo rappresentante della Campania nella graduatoria della competizione
Redazione Sarno 24 05/05/2025 0
Il pizzaiolo pompeiano Gaetano Contaldo, in forza al ristorante "La Gare" di Pompei, con la sua Margherita Stg ha conquistato il terzo posto nella categoria "Pizza Napoletana Stg - Regina di Tradizione" al 32° Campionato Mondiale della Pizza, tenutosi a Parma dall’8 al 10 aprile 2025. Con un punteggio di 767 punti, Contaldo è risultato il primo rappresentante della Campania nella graduatoria della competizione.
La categoria Pizza Napoletana Stg (Specialità Tradizionale Garantita) richiede l’adesione a un disciplinare rigoroso, depositato presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che riconosce nella Margherita e nella Marinara i modelli autentici della tradizione e ne definisce ingredienti e tecniche di lavorazione specifiche.
Gli unici tipi di pizza ammessi sono la Margherita e la Marinara, preparate esclusivamente con prodotti selezionati come farina di grano tenero, lievito di birra, acqua potabile, pomodori pelati o freschi, sale marino e olio extravergine d’oliva, con l’eventuale aggiunta di mozzarella Stg o di Bufala Campana Dop, aglio, origano e basilico fresco.
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Annamaria Parlato 27/04/2024
Violetto e Pignatella, i carciofi di Castellammare e dell'Agro Nocerino-Sarnese
Il carciofo di Castellammare, chiamato anche “violetto” o “carciofo di Schito”, si presenta come privo di spine, tenerissimo, con le foglie esterne che vanno a degradare dal rosa al viola, con grandi infiorescenze rotonde. La sua origine affonda le radici nell’epoca romana: una frazione di Castellammare di Stabia, Schito, era considerata al tempo particolarmente vocata all’orticoltura. Prova ne è che la zona, non lontana da Pompei, era identificata con il toponimo “orti di Schito”. Questo carciofo ha una maturazione molto precoce, infatti si raccoglie nel periodo compreso tra febbraio e maggio, anche se a marzo iniziano a spuntare le cosiddette “mammarelle”, ossia i capolini centrali. In epoca borbonica, era soprannominato “primaticcio”, come si evince da svariati manuali di agricoltura.
Il carciofo Pignatella assume questo buffa denominazione per la particolare tecnica di coltivazione. E’ tipico dell’Agro Nocerino-Sarnese e dell’area vesuviana. La “pignatella” è un recipiente di terracotta, simile ad una tazza senza il manico, che si utilizza come copri-capolino, dal momento della sua nascita sino alla raccolta, per proteggerlo dai violenti raggi del sole e dagli agenti atmosferici. Questa tecnica è descritta perfino da Plinio il Vecchio nei suoi scritti ed era in voga nell’antica Pompei. La coltivazione di questo carciofo è spesso a conduzione familiare, ricopre un arco temporale che va da marzo sino alla prima decade di giugno.
Nel periodo pasquale, questo carciofo assume delle fantastiche sfumature violaceo-rossastre e le brattee diventano particolarmente tenere. Con i piccoli capolini si producono meravigliosi sott'oli, mentre tutto il carciofo si presta per la preparazione di parmigiane, carpacci o per essere arrostito. Ha un legame forte con la tradizione della Pasqua, che normalmente coincide con il periodo centrale della produzione. In particolare, il carciofo arrostito sulla brace è il piatto simbolo del sabato santo e del lunedì di Pasquetta di tutte le famiglie del territorio. Si usa il carciofo intero, posto direttamente nella brace di una fornacella o camino. Quando è cotto (dopo circa mezz’ora), viene ripulito delle foglie bruciacchiate, condito con sale, pepe, prezzemolo, aglio fresco e olio, poi adagiato su una fetta di pane casereccio e consumato in abbinamento agli insaccati della tradizione contadina (in particolare dei Monti Lattari): salame, soppressata e salsiccia secca.
Le altre varietà campane
Il carciofo di Procida, la più piccola delle isole del Golfo di Napoli, è del tipo romanesco, con capolini primari globosi e grossi di colore verde chiaro e con capolini secondari di color viola e di dimensioni inferiori. La pianta è robusta ed è capace di produrre capolini anche del terzo, quarto e quinto ordine. La tradizione vuole che i capolini del secondo ordine, secondo una ricetta tradizionale, siano utilizzati per la preparazione di vasetti di sott'oli. I capolini vengono sbollentati in acqua, aceto di vino bianco e sale, e poi conditi con olio extravergine, aglio, origano e peperoncino.
Il Carciofo di Paestum, o “tondo di Paestum”, ha forma subsferica, aroma delicato e straordinarie proprietà nutrizionali. I capolini sono molto compatti, le spine sono assenti e la precocità della maturazione lo rendono unico, tanto da caratterizzare, con le enormi distese, il paesaggio della Piana del Sele. La maturazione precoce poi lo rende competitivo nei mercati ortofrutticoli, in quanto può esser venduto per primo, rispetto alle varietà romanesche. Ha proprietà benefiche e disintossicanti, dovute al suo contenuto in sali e vitamine. E’ tra gli ingredienti più usati nella cucina cilentana, lo si trova in delicate creme, ideale condimento per la pasta fatta a mano, sulle pizze e nei rustici.
A Pertosa, in provincia di Salerno, il carciofo in dialetto si chiama “carcioffola”. La produzione del carciofo bianco va da maggio a giugno, sino alla raccolta degli esemplari più piccoli, che vengono impiegati nella preparazione di conserve. Non ha spine, è rotondo e ha un colore particolarissimo, tendente all’argento, le infiorescenze sono forate al centro. La lavorazione è manuale e a conduzione familiare, in terreni di piccole dimensioni. Anticamente, le foglie di questo carciofo erano considerate merce di scambio, poiché si capì che potevano essere un ottimo integratore nella dieta delle mucche da latte. Quindi, gli orticoltori di Pertosa, in cambio di letame, usato come concime, le cedevano agli allevatori.
Intorno al 1840, nella cittadina di Pietrelcina, in provincia di Benevento, un prefetto originario di Bari introdusse la coltivazione del carciofo. Ancora oggi si richiede un lavoro umano notevole per la sua produzione, che in genere avviene in piccoli appezzamenti di terra. In estate si tagliano gli steli, in autunno c’è la cosiddetta “scarducciatura”, ossia l’eliminazione dei germogli superflui, che viene ripetuta anche in primavera, quando i cardi appena estirpati vengono adagiati sulle infiorescenze immature, per preservarle dal calore dei raggi solari. A maggio, ogni anno nel paese si celebra una tradizionale sagra.
Il nome Capuanella è un vezzeggiativo e deriva appunto dalla città di Capua, in provincia di Caserta, zona rinomata per la produzione di quest’ortaggio. Il carciofo Capuanella in genere si presenta di colore verde scuro, matura tra fine marzo ed inizio aprile ed è ricco di proprietà organolettiche. Appartenente alla famiglia dei carciofi romaneschi, ha foglie molto fitte e raccolte. E’ rinomato per esser tenero e per esser degustato arrostito, in occasione delle feste.
Redazione Sarno 24 12/09/2025
"Pomo Fest", a Nocera Inferiore si celebra il San Marzano
A Nocera Inferiore la prima edizione del Pomo Fest, festival interamente dedicato al pomodoro San Marzano. L'evento, che celebra l'oro rosso dell'Agro nocerino-sarnese, si terrà dal 18 al 21 settembre 2025. Oltre 30 spazi espositivi con aziende conserviere, ristoranti, pizzerie, pasticcerie e bar pronti ad offrire piatti a base di pomodoro; inoltre, masterclass, talk e iniziative che vedranno, tra gli altri, coinvolti anche grossi esponenti della cucina napoletana e nazionale come Errico Porzio, Gino Sorbillo, Poppella, Peppe Di Napoli, Fabio Di Giovanni e tanti altri.
Così commenta il sindaco, Paolo De Maio: “Siamo entusiasti di accogliere la realizzazione di questo importante evento per la nostra città. Ci stiamo impegnando con dedizione per garantire il massimo successo. Speriamo in una larga partecipazione dei cittadini”.
Annamaria Parlato 30/09/2025
Non solo pomodori, la bietola a Sarno è una coltura di tradizione
La bieta, nome comune della “bietola da coste”, è la beta vulgaris varietà Rapa forma Cicla, uno degli ortaggi da foglia più diffusi. È nativa dell'Europa meridionale, dove cresce spontanea nella regione del Mediterraneo. Ne esistono numerose varietà, dato che si coltiva in tutte le zone temperate del mondo. La pianta è molto simile a quella della barbabietola vera e propria, ma presenta foglie commestibili, molto ampie, a nervatura mediana grossa, carnosa e tenera, bianca o porporina: le cosiddette “coste”, che si consumano cotte e condite in svariati modi. Si raccolgono anche i giovani grumoli di foglie: le “erbucce” o “erbette”, che pure si impiegano in cucina. E’ ricca di vitamine, fibre, acido folico, sali minerali, carotene e acido ossalico.
Un ruolo di rilievo lo ha l’Agro nocerino-sarnese, e in particolare il territorio di Sarno, dove la coltivazione della bieta è molto diffusa. Qui, accanto a pomodori e ortaggi, celebri in tutto il mondo, la bietola rappresenta una coltura di tradizione che arricchisce l’economia agricola locale. I suoli fertili di origine vulcanica e l’abbondanza d’acqua rendono queste terre particolarmente adatte alla crescita rigogliosa della pianta, che viene raccolta in più cicli durante l’anno.
La bieta si presta nella preparazione di ricette prevalentemente salate, di cui la più classica è quella delle biete saltate in padella con aglio, olio e peperoncino, un valido contorno. Una maniera alternativa invece è quella di presentarle come ripieno di uno sformato di fusilli all’uovo, in una rivisitazione “in bianco” del tradizionale primo piatto a base di ragù, ideale nel periodo autunnale e con l'apprestarsi dei primi freddi.
Si vuole suggerire al lettore infatti una ricetta di “pasticcio di fusilli sangiliani con biete, besciamella di patate, formaggi e prosciutto cotto arrosto”. Tra gli ingredienti per circa 6 persone occorrono: 500 gr. di fusilli all’uovo fatti in casa, 500 gr. di patate a pasta gialla, 1 bicchiere di latte intero, q.b. di sale, pepe e noce moscata, q.b. di burro, 250 gr. di formaggi misti grattugiati (parmigiano, grana e provolone del monaco), 200 gr. di prosciutto cotto arrosto, 400 gr. di biete già precedentemente sbollentate e ripassate in padella con poco olio, 100 gr. scamorza affumicata.
Per assemblare lo sformato bisogna per prima cosa munirsi di una pirofila, che sarà il contenitore della pietanza. Poi si deve preparare una besciamella non molto densa, utilizzando le patate, il latte, il burro, il sale e la noce moscata, molto simile ad un purè. I fusilli all’uovo vanno cotti in acqua bollente e tenuti da parte. La pirofila va sporcata alla base di besciamella di patate, su di essa va adagiato un primo strato di fusilli, conditi con biete ripassate, mix di formaggi, scamorza affumicata, prosciutto e altra besciamella. Così si va avanti, alternando e creando diversi strati sino a copertura. A completare, sull’ultimo strato vi sarà una spolverata di formaggi, una noce di burro e del pepe macinato al momento. Tutto si fa cuocere poi in forno statico a 200 gradi per 15-20 minuti, sino a doratura desiderata.