Tradizione e genuinità in "Gusta Contrade" a San Valentino Torio

L'evento si svolge oggi e domani alla frazione Casatori, nel piazzale del complesso parrocchiale

Redazione Sarno 24 04/05/2024 0

Oggi e domani, fine settimana 4-5 maggio, con inizio alle ore 21:00, è in programma a San Valentino Torio la dodicesima edizione di "Gusta Contrade". Nel piazzale del complesso parrocchiale, alla frazione Casatori, un percorso gastronomico di arte del gusto, tradizione e genuinità. In degustazione, pizza e graffa fritta. Domenica 5 maggio, concerto dei Bam Funk.

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Annamaria Parlato 26/06/2024

Pomodoro San Marzano DOP, l'oro rosso dell'Agro nocerino-sarnese

La storia del pomodoro è affascinante e ricca di sviluppi interessanti nel corso dei secoli. Il pomodoro (Solanum lycopersicum) è originario delle regioni costiere dell'America Centrale, dove è stato coltivato per migliaia di anni dai popoli indigeni come gli Aztechi e i Maya. I primi esemplari furono portati in Europa dai conquistadores spagnoli nel XVI secolo. Inizialmente, furono accolti con sospetto e talvolta addirittura considerati velenosi, poiché appartenevano alla stessa famiglia delle piante velenose, come la belladonna. Nonostante i dubbi iniziali, il pomodoro alla fine si diffuse in tutta Europa e divenne parte integrante della cucina mediterranea, soprattutto in Italia. Nel XVIII secolo, la sua popolarità crebbe notevolmente.

Nel corso dei secoli, sono state sviluppate numerose varietà di pomodoro con diverse forme, dimensioni e colori. La coltivazione si è estesa a livello mondiale, diventando una delle colture più importanti e consumate al mondo. Oggi il pomodoro è un ingrediente fondamentale in molte cucine, utilizzato fresco, cotto, in salse, sughi, zuppe, insalate e molto altro. È anche la base per prodotti come il ketchup e il concentrato di pomodoro. Oltre al suo utilizzo culinario, il pomodoro è apprezzato per le sue proprietà nutrizionali. È ricco di vitamine, minerali e antiossidanti benefici per la salute.

Il San Marzano DOP è una varietà particolare di pomodoro, considerata tra le più pregiatе al mondo per il suo sapore dolce e la consistenza carnosa. Prende il nome dal Comune di San Marzano sul Sarno, nel territorio dell’Agro Nocerino-Sarnese, dove vi arrivò nel 1770 come dono del viceré del Perù al re di Napoli, attecchendovi in maniera ottimale. È coltivato oggi principalmente nelle province di Napoli, Salerno (l’intero territorio dei comuni di San Marzano sul Sarno, Scafati, San Valentino Torio, Baronissi, Fisciano, Mercato San Severino, Siano, Castel San Giorgio, Roccapiemonte, Nocera Superiore, Nocera Inferiore, Sarno, Pagani, Sant’Egidio del Monte Albino, Angri) e Avellino.

È un pomodoro a forma allungata, con polpa spessa e pochi semi. Ha un sapore dolce e aroma intenso, che lo rendono ideale per la preparazione di sughi, salse e conserve. Il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) indica che il pomodoro San Marzano è coltivato, raccolto e trasformato secondo rigorosi standard nella sua zona di origine. Questo garantisce l'autenticità e la qualità del prodotto. È molto apprezzato nella cucina italiana tradizionale e campana, soprattutto per preparare il famoso ragù o la salsa di pomodoro San Marzano, che è la base di molti piatti, tra cui la pizza. Grazie alla sua eccellenza e alla crescente popolarità della cucina italiana nel mondo, il San Marzano DOP è diventato un ingrediente ricercato anche al di fuori dell'Italia. La produzione di San Marzano DOP è limitata e regolamentata per preservare la qualità e l'autenticità del prodotto. Le condizioni climatiche e il terreno vulcanico della regione contribuiscono alle caratteristiche distintive di questo pomodoro.

Ha una forma allungata e cilindrica, leggermente curvata, con una punta più appuntita rispetto ad altri pomodori. È generalmente più grande rispetto alla media dei pomodori comuni. La sua buccia è liscia, sottile e di un rosso intenso brillante, con sfumature arancioni quando completamente maturo. Il colore uniforme è un segno distintivo di qualità. È noto per il suo sapore dolce, con una leggera acidità che lo rende equilibrato e piacevole al palato. Questa peculiarità è dovuta alla concentrazione di zuccheri naturali nel frutto, che si sviluppano pienamente grazie alle condizioni climatiche e al terreno vulcanico della regione di provenienza. Ha un aroma intenso e caratteristico, che si sprigiona appena si affetta o si schiaccia il frutto. Questo aroma contribuisce alla sua capacità di migliorare e arricchire i piatti cui viene aggiunto.

Il pomodoro San Marzano è una buona fonte di vitamine e minerali essenziali. Contiene vitamina C, vitamina K, potassio e folati, che sono importanti per la salute generale dell'organismo. È ricco di antiossidanti naturali come il licopene, beta-carotene e flavonoidi. Il licopene in particolare è un potente antiossidante che può aiutare a proteggere le cellule dai danni causati dai radicali liberi, contribuendo così a ridurre il rischio di malattie croniche come le malattie cardiache e alcuni tipi di cancro. Il San Marzano fornisce vitamina A, che è essenziale per la salute degli occhi e può aiutare a prevenire problemi di vista legati all'età, come la degenerazione maculare. È una buona fonte di fibre alimentari, che sono importanti per la salute digestiva. Le fibre possono aiutare a migliorare la regolarità intestinale e a mantenere un sistema digestivo sano.

Il Consorzio di Tutela del Pomodoro San Marzano DOP, istituito nel 1999, è un'organizzazione che ha il compito di proteggere e promuovere il pomodoro San Marzano, garantendo autenticità, qualità e provenienza. Ecco alcuni punti chiave riguardo al suo ruolo e alle sue funzioni:

1. Scopo

Il Consorzio è creato per tutelare e valorizzare il pomodoro San Marzano DOP, assicurando che sia prodotto, trasformato e commercializzato secondo rigidi standard stabiliti;

2. Certificazione DOP

Il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) è una certificazione europea che garantisce che il pomodoro San Marzano sia coltivato nelle specifiche zone geografiche designate nelle province di Napoli, Salerno e Avellino. Questa certificazione assicura che il pomodoro abbia caratteristiche uniche dovute alle condizioni pedoclimatiche della regione, come il terreno vulcanico del Vesuvio;

3. Normative e regolamenti

Il Consorzio stabilisce le regole e i regolamenti riguardanti la coltivazione, la raccolta, la lavorazione e la commercializzazione del pomodoro San Marzano DOP. Queste normative mirano a garantire che il prodotto mantenga le sue caratteristiche distintive e che il consumatore riceva un prodotto autentico e di alta qualità;

4. Monitoraggio e controllo

Il Consorzio monitora costantemente il rispetto delle normative da parte dei produttori e dei trasformatori autorizzati. Sono previsti controlli regolari per verificare la conformità del prodotto e per prevenire frodi o contraffazioni;

5. Promozione e valorizzazione

Oltre alla tutela, il Consorzio si impegna nella promozione del pomodoro San Marzano DOP a livello nazionale e internazionale. Questo include attività di marketing, partecipazione a fiere ed eventi gastronomici, collaborazioni con chef e ristoranti per promuovere l'utilizzo del pomodoro San Marzano nelle cucine di tutto il mondo;

6. Trasparenza e informazione

Il Consorzio fornisce informazioni dettagliate sul pomodoro San Marzano DOP, inclusi i suoi benefici nutrizionali, le modalità di utilizzo in cucina e le ultime novità riguardanti la produzione e il mercato.

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Il vero San Marzano DOP è ottenuto dalle varietà San Marzano 2 e KIROS: la prima è spesso considerata una versione migliorata del classico pomodoro San Marzano DOP, ha una forma allungata e cilindrica simile al San Marzano tradizionale, ma è stata sviluppata per avere una maggiore resistenza alle malattie e una resa migliore; la seconda è una varietà moderna che si distingue per il suo gusto dolce e la buccia sottile. È caratterizzata da un colore rosso brillante e una forma tonda o leggermente ovale. È spesso utilizzata sia fresca che cotta, in insalate, come base per salse o per il consumo diretto. La varietà Kiros è apprezzata per la sua resa elevata e la buona capacità di conservazione.

Ecco la ricetta classica per preparare gli spaghetti alla puttanesca, piatto tipico dell’area vesuviana e salernitana, ideale da consumarsi nel periodo estivo in quanto racchiude tutti i profumi della cucina mediterranea;

Ingredienti: 320 g di spaghetti (o pasta lunga a piacere); 400 g di pomodori pelati San Marzano DOP; 50 g di acciughe sott'olio; 50 g di olive nere denocciolate di Gaeta; 2 cucchiai di capperi sotto sale, sciacquati; 2 spicchi d'aglio, tritati finemente; peperoncino rosso secco (q.b.); olio extravergine d'oliva; sale q.b.; prezzemolo fresco tritato (opzionale, per guarnire).

Preparazione: Tritare finemente l'aglio, tagliare a metà le olive nere e sciacquare i capperi sotto acqua corrente per eliminare l'eccesso di sale. In una padella capiente, scaldare 2-3 cucchiai di olio extravergine d'oliva a fuoco medio. Aggiungere l'aglio tritato e il peperoncino (a piacere) e far soffriggere per qualche minuto, facendo attenzione a non farli bruciare. Inserire le acciughe sott'olio precedentemente scolate dal loro olio e fatte a pezzetti. Mescolare per far sciogliere le acciughe nel soffritto. Incorporare le olive nere tagliate a metà e i capperi sciacquati. Continuare a mescolare per amalgamare bene gli ingredienti.

Versare i pomodori pelati nella padella, schiacciandoli leggermente con una forchetta o un mestolo. Portare il sugo alla puttanesca a ebollizione, poi abbassare il fuoco e lasciar cuocere a fuoco medio-basso per circa 15-20 minuti, mescolando di tanto in tanto. Nel frattempo, cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata secondo le istruzioni sulla confezione, fino a quando sono al dente. Scolare gli spaghetti e trasferirli direttamente nella padella con il condimento alla puttanesca. Mescolare bene la pasta con il sugo, facendo in modo che si amalgami perfettamente. Servire gli spaghetti alla puttanesca caldi, guarnendo con prezzemolo fresco tritato se desiderato. Aggiungere un filo d'olio extravergine d'oliva a crudo a piacere per un sapore più intenso.

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Annamaria Parlato 24/06/2025

"Volta del Fuenti", parte dal verde il racconto in cucina del sarnese De Blasio

Sospeso tra macchia mediterranea, cielo e mare, ai Giardini del Fuenti (struttura a Vietri sul mare gestita dai fratelli Alessandra e Pier Luigi De Flammineis) il ristorante fine dining "Volta del Fuenti", sorto nel 2022, è un punto di vista sul mondo. Una lente attraverso cui osservare la Costiera Amalfitana, la natura, il tempo, e se stessi. A guidare questa visione è lo chef Michele De Blasio, che nella sua stella Michelin, conquistata nel 2024, ha trovato non un traguardo, ma un punto di partenza.

De Blasio è originario di Sarno, nato nel 1985 ha accumulato esperienze in Italia e all'estero, lavorando con chef rinomati come Riccardo Camanini, Pierre Gagnaire, Pino Lavarra e Alain Ducasse. Il suo racconto al Volta del Fuenti parte dal verde – inteso come colore, pensiero, coscienza – e si traduce in piatti che riflettono la vita, la terra e il mare, con un lessico nuovo, colto e sostenibile. Nel mondo di De Blasio, il verde è un pigmento e una presa di posizione. È la foglia, l’alga, l’erba, ma anche ciò che è giovane, vivo, non addomesticato. È l’ingrediente primario e la traccia emotiva che collega ogni piatto alla terra e al tempo presente.

La brigata in cucina, guidata dallo chef, segue un “orto-ritmo” che privilegia prodotti locali e raccolti nel giorno, con percorsi stagionali e zero sprechi: erbe e alghe che arrivano dal giardino sotto la terrazza, vegetali recuperati in essiccazione e fermentazioni spontanee, in perfetta armonia con la filosofia dell’ambiente. Ad accompagnare l’esperienza, in sala, c’è il salernitano Wladimiro Giordano, restaurant manager e narratore d’atmosfera, che costruisce un perfetto controcanto enoico ai piatti dello chef con abbinamenti ricercati, dinamici, che rispettano il territorio e amplificano l’eco dei sapori.

Si comincia con un viaggio multisensoriale tra flora e fauna della Costiera Amalfitana: uno snack di benvenuto che è insieme manifesto e gioco. Dalla finta oliva di portulaca al tacos vegetale con gel di polpo e misticanza, ogni finger è una micro-scenografia. Una stella marina con mousse di tonno, plancton e cipolla locale, una crostatina con ragù di totanetti, polvere di capperi e spuma di patate avvolta da lardo di totano, e ancora alice affumicata in crosta di pane alle alghe, gel di salsa ponzu e stravecchio di bruna alpina, fino alla sorprendente cozza e pecorino, servita con la sua maionese nel suo guscio ricostruito al nero di seppia e pecorino totalmente edibile, ricoperto di salicornia ed erba cipollina con i suoi fiori.

Non mancano ironie campane, come l’asinello vietrese ripieno di insalatina di “per e o muss” o il cavalluccio marino in tuile di parmigiano con crema di limone bruciato, finocchietto marino e alla base alghe Gracilaria Hayi: piatti che uniscono arte e territorio, gioco e memoria. Si abbina a questi assaggi marini e vegetali il Rosé de Noirs Nature di Nicola Gatta, spumante metodo classico da uve Pinot Nero, nitido e raffinato, le cui bollicine affusolate si sposano con grazia con la mineralità marina e le note verdi, restituendo al palato un’armonia di freschezza, erbe e accenni di frutti rossi croccanti. Sfumature di fragoline selvatiche, pan brioche e cedro emergono con eleganza. Gatta, vignaiolo biodinamico del Franciacorta, predilige fermentazioni spontanee e packaging riciclato, un’allineamento totale con la filosofia del ristorante.

L’antipasto, “Frutta secca con spinaci e sesamo”, è una rivisitazione vegetale del foie gras che gioca con le consuetudini francesi e la convivialità campana dell’usanza dello “spasso”. Un piatto spalmabile, evolutivo, che si accompagna a pane al sesamo e si muove tra dolcezza, tostatura e note vegetali con delicatezza disarmante. Poi arrivano i ravioli di farina di piselli, ripieni con piselli centogiorni in crema e serviti con una spuma di lattuga, piselli sbucciati nel piatto e cipollotto nocerino bruciato. Un quadro astratto verde su verde, un omaggio a Rothko e alla profondità che il monocromo sa evocare.

A completare e amplificare questa doppia espressione vegetale, il Sancerre L’Authentique 2023 di Thomas Labaille, Sauvignon Blanc di purezza lapidea e freschezza tagliente, che illumina la verticalità dei piatti con tratti agrumati, erbe fini e un fondo gessoso che richiama la profondità della terra da cui nascono spinaci, piselli, cipollotti, chiaro omaggio all’Agro Nocerino-Sarnese.

Come secondo, il dentice cotto a bassa temperatura con tè nero affumicato cinese Lapsang Souchong, limone in tutte le sue forme (scorza, foglie e polvere) ed erbe rafanate conferma la capacità dello chef di muoversi tra mare e orto, tra Asia e Campania, tra affumicato e agrumato, restando sempre fedele al pensiero del verde. In abbinamento, il Pinot Gris Greywacke 2021, espressione neozelandese di intensità e misura, avvolge il piatto con una tessitura ampia e vellutata, che unisce pera matura, spezie leggere e mineralità fumé, ricalcando la scia del tè e aprendo uno spazio gustativo ampio e profondo.

Altri capolavori sono i grissini all’olio d’oliva, sottilissimi e tirati a mano; la focaccia ai grani antichi e semi idratata all’80% con 36 ore di lievitazione, su cui spalmare burro montato al momento, ricavato da panna di primo affioramento di latte di vacca Jersey; il pane sfogliato al pepe nero, miele di abete e sale maldon, un must dello chef, la cui particolare forma può ricordare sia una torta di rose sia un soufflè arioso che crea dipendenza al primo morso.

Il pre-dessert è una “limonata da bere” – infuso di verbena, cetriolo, kefir lime, erbe spontanee – che rinfresca e purifica, come un piccolo giardino liquido. “Chi è il Moro?” è un dessert concettuale e divertente, ma anche riflessivo sul tema della crisi d’identità: un medaglione di cioccolato bianco dipinto con una testa di moro che strizza l’occhio, con una ganache interna al cioccolato fondente, alternata a liquirizia e aglio nero fermentato, è accompagnato da un bignè servito nella sua coppetta di porcellana con gelato al cioccolato fondente bianco, ottenuto dall’infusione dei semi di cacao. A tavola arriva anche una frase di Pirandello, che ricorda come l’identità sia una realtà sfuggente, frammentaria, e mai completamente conoscibile: "Ciò che sappiamo di noi stessi è solo una parte, forse una parte molto piccola, di chi siamo veramente". L’abbinamento con lo Ximénez-Spínola Pedro Ximénez Sherry Solera 1918 è sontuoso: note dense di datteri, fichi secchi, liquirizia, tabacco e resine antiche, che si intrecciano perfettamente con il registro profondo del dolce, chiudendo la degustazione come un sipario ricamato, denso di simboli.

Sbalorditiva la piccola pasticceria, composta da caramella Rossana ricostruita con pera osmotizzata alla mandorla con la sua velina edibile; mini sfogliatella napoletana riccia di sola mela e farcita con una crema della mela stessa all’acqua senza latticini e aroma di liquore Strega; Ferrero Rochè in foglia d’oro con pirottino di carta commestibile ripieno di melanzana alla cicoccolata e granella di nocciola, servita con un Kona Coffee Hawaiian dal gusto ricco, morbido, sapore di cioccolato fondente e acidità delicata.

L’intero percorso è costruito con coerenza estetica e profondità intellettuale, in cui ogni piatto è un frammento di un racconto più grande: quello di una cucina che osserva la natura con rispetto, che parla la lingua del tempo e che fa del verde – colore, etica, visione – il proprio centro poetico. Volta del Fuenti è un giardino narrativo affacciato sul Mediterraneo, dove il futuro ha il sapore della terra e il profumo del mare.

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Annamaria Parlato 17/06/2025

Il Friariello dell'Agro: storia, gusto e identità di un peperoncino campano

Nel cuore fertile dell’Agro Nocerino-Sarnese, tra Nocera, Sarno e Scafati, cresce una delle eccellenze orticole più amate della Campania: il peperoncino verde di fiume, noto come friariello, o friggitello, simbolo della cucina tradizionale per la sua destinazione d’uso più comune, cioè fritto intero in padella con olio e aglio. Di piccole dimensioni (6-12 cm), forma allungata e raccolto quando il colore è ancora verde intenso, comprende due principali varietà: il tipo napoletano, dalla forma affusolata con apice appuntito, e il tipo nocerese o “di fiume”, più irregolare, con apice trilobato, diffuso soprattutto nei terreni fertili bagnati dal Sarno.

La coltivazione, oggi praticata sia in pieno campo che in coltura protetta, affonda probabilmente le sue radici nel Medioevo, quando i monaci cistercensi, giunti dalla Francia su invito di Re Carlo d’Angiò, fondarono l’abbazia di Santa Maria della Real Valle a San Pietro di Scafati e introdussero nel territorio conoscenze agricole e varietà orticole oggi parte integrante della tradizione dell’Agro, come il cetriolo da sottaceti, il peperone chiochiera e, appunto, il friariello.

Ma già in epoca romana la Valle del Sarno era nota per la sua fertilità e i prodotti ortofrutticoli, come attestano gli scavi di Pompei e Stabiae: la coltura del piper viridis (il peperone verde) era documentata tra gli orti delle ville rustiche, segno che questo ortaggio, o un suo antenato, faceva parte della dieta agricola sin dall’antichità. Durante il periodo borbonico, l’Agro fu intensamente valorizzato come “orto della capitale” e, con la costruzione di canali e bonifiche, divenne uno dei poli più produttivi del Regno delle Due Sicilie.

Le proprietà organolettiche del friariello lo rendono un ortaggio unico: il sapore è intenso ma delicato, con una punta appena percettibile di amaro, una consistenza tenera ma carnosa e un profumo erbaceo che si esalta nella cottura veloce. È ricco di vitamina C, potassio e antiossidanti naturali, e ha un basso contenuto calorico, che lo rende adatto anche a regimi alimentari leggeri.

Il friariello, prodotto stagionale che richiede cure attente e raccolto a maturazione incompleta, è un ingrediente versatile della cucina locale: fritto da solo come contorno in bianco o con i pomodorini corbarini, basilico e una spruzzata di parmigiano reggiano, è protagonista di piatti popolari come il panino con salsiccia, la frittata di uova e cipolla, la pasta con le acciughe, la pizza bianca con la provola affumicata, e persino di conserve sott’olio che ne preservano l’aroma tutto l’anno. La sua leggera nota amarognola lo rende perfetto per esaltare carni grasse, formaggi freschi e piatti rustici, ma anche come base per rivisitazioni creative da parte di chef e cuochi del territorio.

“Il friariello è una cosa seria da queste parti”, racconta un produttore di Scafati che coltiva ortaggi da tre generazioni, “non è solo un contorno, è parte della nostra identità: si semina a primavera, si raccoglie d’estate, e ogni famiglia ha la sua maniera di cucinarlo. Io lo vendo ancora al mercato di Sarno, dove le persone lo scelgono uno per uno, guardando il colore e toccandolo con le mani, come si faceva una volta”.

Emblema dell’identità contadina dell’Agro, il peperoncino verde rappresenta oggi un patrimonio da valorizzare, raccontare e difendere, tra memoria storica, gusto autentico e biodiversità da tutelare, in un territorio dove agricoltura, religione, cultura e cucina sono da secoli intrecciati indissolubilmente.

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