Baccalà Village a Nocera Superiore nei giorni 8 e 9 agosto 2025
Il format porta in giro per la regione un’esperienza unica che unisce cibo, cultura e spettacolo
Redazione Sarno 24 07/08/2025 0
Dopo il grande successo dell’edizione di Sarno, che ha inaugurato il tour 2025 con numeri da record e tanto entusiasmo, il Baccalà Village fa tappa a Nocera Superiore nei giorni 8 e 9 agosto, nel cuore di una delle aree archeologiche più affascinanti della Campania.
Ideato dallo chef "scellato" Antonio Peluso, fondatore della rinomata "Locanda del Baccalà" di Marcianise (CE), il format continua a portare in giro per la regione un’esperienza unica che unisce cibo, cultura e spettacolo, e che anche quest’anno porterà in scena uno dei grandi protagonisti della cucina mediterranea: il baccalà.
Tre giorni dedicati al gusto e alla convivialità nella suggestiva cornice del Parco Archeologico di Nocera Superiore: una location straordinaria dove enogastronomia, musica dal vivo e tradizione popolare si fondono in un viaggio sensoriale per tutte le età.
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Violetto e Pignatella, i carciofi di Castellammare e dell'Agro Nocerino-Sarnese
Il carciofo di Castellammare, chiamato anche “violetto” o “carciofo di Schito”, si presenta come privo di spine, tenerissimo, con le foglie esterne che vanno a degradare dal rosa al viola, con grandi infiorescenze rotonde. La sua origine affonda le radici nell’epoca romana: una frazione di Castellammare di Stabia, Schito, era considerata al tempo particolarmente vocata all’orticoltura. Prova ne è che la zona, non lontana da Pompei, era identificata con il toponimo “orti di Schito”. Questo carciofo ha una maturazione molto precoce, infatti si raccoglie nel periodo compreso tra febbraio e maggio, anche se a marzo iniziano a spuntare le cosiddette “mammarelle”, ossia i capolini centrali. In epoca borbonica, era soprannominato “primaticcio”, come si evince da svariati manuali di agricoltura.
Il carciofo Pignatella assume questo buffa denominazione per la particolare tecnica di coltivazione. E’ tipico dell’Agro Nocerino-Sarnese e dell’area vesuviana. La “pignatella” è un recipiente di terracotta, simile ad una tazza senza il manico, che si utilizza come copri-capolino, dal momento della sua nascita sino alla raccolta, per proteggerlo dai violenti raggi del sole e dagli agenti atmosferici. Questa tecnica è descritta perfino da Plinio il Vecchio nei suoi scritti ed era in voga nell’antica Pompei. La coltivazione di questo carciofo è spesso a conduzione familiare, ricopre un arco temporale che va da marzo sino alla prima decade di giugno.
Nel periodo pasquale, questo carciofo assume delle fantastiche sfumature violaceo-rossastre e le brattee diventano particolarmente tenere. Con i piccoli capolini si producono meravigliosi sott'oli, mentre tutto il carciofo si presta per la preparazione di parmigiane, carpacci o per essere arrostito. Ha un legame forte con la tradizione della Pasqua, che normalmente coincide con il periodo centrale della produzione. In particolare, il carciofo arrostito sulla brace è il piatto simbolo del sabato santo e del lunedì di Pasquetta di tutte le famiglie del territorio. Si usa il carciofo intero, posto direttamente nella brace di una fornacella o camino. Quando è cotto (dopo circa mezz’ora), viene ripulito delle foglie bruciacchiate, condito con sale, pepe, prezzemolo, aglio fresco e olio, poi adagiato su una fetta di pane casereccio e consumato in abbinamento agli insaccati della tradizione contadina (in particolare dei Monti Lattari): salame, soppressata e salsiccia secca.
Le altre varietà campane
Il carciofo di Procida, la più piccola delle isole del Golfo di Napoli, è del tipo romanesco, con capolini primari globosi e grossi di colore verde chiaro e con capolini secondari di color viola e di dimensioni inferiori. La pianta è robusta ed è capace di produrre capolini anche del terzo, quarto e quinto ordine. La tradizione vuole che i capolini del secondo ordine, secondo una ricetta tradizionale, siano utilizzati per la preparazione di vasetti di sott'oli. I capolini vengono sbollentati in acqua, aceto di vino bianco e sale, e poi conditi con olio extravergine, aglio, origano e peperoncino.
Il Carciofo di Paestum, o “tondo di Paestum”, ha forma subsferica, aroma delicato e straordinarie proprietà nutrizionali. I capolini sono molto compatti, le spine sono assenti e la precocità della maturazione lo rendono unico, tanto da caratterizzare, con le enormi distese, il paesaggio della Piana del Sele. La maturazione precoce poi lo rende competitivo nei mercati ortofrutticoli, in quanto può esser venduto per primo, rispetto alle varietà romanesche. Ha proprietà benefiche e disintossicanti, dovute al suo contenuto in sali e vitamine. E’ tra gli ingredienti più usati nella cucina cilentana, lo si trova in delicate creme, ideale condimento per la pasta fatta a mano, sulle pizze e nei rustici.
A Pertosa, in provincia di Salerno, il carciofo in dialetto si chiama “carcioffola”. La produzione del carciofo bianco va da maggio a giugno, sino alla raccolta degli esemplari più piccoli, che vengono impiegati nella preparazione di conserve. Non ha spine, è rotondo e ha un colore particolarissimo, tendente all’argento, le infiorescenze sono forate al centro. La lavorazione è manuale e a conduzione familiare, in terreni di piccole dimensioni. Anticamente, le foglie di questo carciofo erano considerate merce di scambio, poiché si capì che potevano essere un ottimo integratore nella dieta delle mucche da latte. Quindi, gli orticoltori di Pertosa, in cambio di letame, usato come concime, le cedevano agli allevatori.
Intorno al 1840, nella cittadina di Pietrelcina, in provincia di Benevento, un prefetto originario di Bari introdusse la coltivazione del carciofo. Ancora oggi si richiede un lavoro umano notevole per la sua produzione, che in genere avviene in piccoli appezzamenti di terra. In estate si tagliano gli steli, in autunno c’è la cosiddetta “scarducciatura”, ossia l’eliminazione dei germogli superflui, che viene ripetuta anche in primavera, quando i cardi appena estirpati vengono adagiati sulle infiorescenze immature, per preservarle dal calore dei raggi solari. A maggio, ogni anno nel paese si celebra una tradizionale sagra.
Il nome Capuanella è un vezzeggiativo e deriva appunto dalla città di Capua, in provincia di Caserta, zona rinomata per la produzione di quest’ortaggio. Il carciofo Capuanella in genere si presenta di colore verde scuro, matura tra fine marzo ed inizio aprile ed è ricco di proprietà organolettiche. Appartenente alla famiglia dei carciofi romaneschi, ha foglie molto fitte e raccolte. E’ rinomato per esser tenero e per esser degustato arrostito, in occasione delle feste.
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"Birra in Borgo" dal 21 al 24 agosto a Sant'Egidio del Monte Albino
Torna, per l'ottava edizione, "Birra in Borgo" e lo fa con quattro serate indimenticabili, che animeranno il borgo antico di Sant'Egidio del Monte Albino dal 21 al 24 agosto 2025. Un appuntamento da non perdere, quello promosso e organizzato dall'associazione Genius Eventi, che propone anche quest'anno, in Piazza Gian Battista Ferrajoli, ottima birra artigianale, musica dal vivo, buon cibo e tanto divertimento.
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La prestigiosa cantina Marisa Cuomo "raccontata" al WIP di Nocera Inferiore
Una serata che ha saputo incantare occhi, palato e spirito quella di martedì 24 giugno al WIP Burger & Pizza di Nocera Inferiore, in occasione della nuova edizione di "Sorsi & Morsi". Un format consolidato, che ha visto protagonisti i sapori autentici della Divina Costiera e dei Monti Lattari, sapientemente abbinati ai vini della prestigiosa cantina Marisa Cuomo. L’evento ha registrato il tutto esaurito, attirando appassionati, operatori del settore e volti noti della gastronomia campana.
Protagonista assoluta della serata la cantina Marisa Cuomo, tra le più iconiche d’Italia, guidata da Marisa Cuomo e Andrea Ferraioli, consorti nella vita e imprenditori vitivinicoli che hanno reso celebre Furore e la Costa d’Amalfi nel mondo. Ad accoglierli Nello Ferrigno, storico giornalista nocerino, media partner della serata per Inprimanews, mentre la presentazione è stata affidata al giornalista e sommelier Gaetano Cataldo, fondatore di Identità Mediterranea e Miglior Sommelier al Merano Wine Festival, che ha condotto una degustazione emozionante, raccontando con passione i vini e i territori di provenienza, senza tralasciare aneddoti, curiosità e motivazioni degli abbinamenti.
Il menù ha esordito con un antipasto che ha celebrato la tradizione lattiero-casearia e norcina: treccia di fiordilatte “Fior d’Agerola” firmato da Gennaro Fusco, impreziosito da olio extravergine d’oliva carpellese Madonna dell’Olivo e zeste di Sfusato Amalfitano, accompagnato dai salumi artigianali di Silvio Imperati (Cardone Salumi Tipici Agerolesi) e Salvatore Calabrese (Macelleria del Centro Storico di San Marzano sul Sarno), tra cui una sontuosa soppressata, un raffinato culatello e un insolito prosciutto di picanha. A completare, il pane biscottato, rustico e marinaro, simbolo della panificazione agerolese, da bagnare al momento nel tipico “sponzapane” in ceramica.
La degustazione di pizze ha inaugurato l’anima più creativa della serata grazie alla bravura del maestro pizzaiolo Riccardo Faiella. Il padellino Lattara ha presentato un impasto di grani selezionati, farcito con provolone del monaco, caciotta di capra, fiordilatte di Agerola, pomodorino di Corbara semi-dry, pesto di maggiorana, basilico e timo limonato, con olio evo Itran’s del Frantoio Madonna dell’Olivo di Antonino Mennella. In abbinamento il Furore Bianco Costa d’Amalfi DOC 2024, un vino luminoso, con profumi di ginestra, erbe della macchia mediterranea e note salmastre che ricordano i venti del mare. Al palato è teso, minerale, con un finale sapido che accompagna con eleganza i formaggi e le erbe aromatiche.
La seconda pizza, Naucratica Napoletana, ha previsto un impasto tipo "0" alle foglie di mirto e limone, guarnito con crema di pomodoro San Marzano abbrustolito, besciamella all’aglio, origano in tre consistenze e filetto di acciuga di Cetara, con olio evo Rotondella. A completare il trittico, la Santa Trofimena: impasto "0" al cacao, ristretto di pomodoro fiascone Re Umberto, crema e filetti di melanzane arrostite, mousse di provolone del monaco, basilico e pepe nero, con olio evo carpellese. Le pizze sono state abbinate ancora al Furore Bianco, che ha esaltato le sapidità marine e i contrasti vegetali.
Il primo piatto dello chef Rega, Scarpariello a Mare, ha rivisitato la ricetta classica in chiave costiera con fusillo sangiliano di Francesco Pepe, pomodorino di Corbara, acciughe di Cetara, basilico e scorzetta di limone sfusato di Amalfi. In accompagnamento il Rosato Costa d’Amalfi DOC 2024, da Aglianico, Piedirosso e Tintore: un vino di colore rosa cerasuolo intenso, dai profumi di frutti di bosco e macchia mediterranea, con una beva fresca, salina, vibrante, perfetta per piatti iodati ma eleganti come questo.
Il secondo piatto, attenzionato sempre da Alfonso Rega, ha reso omaggio alla tradizione contadina e costiera: il Sarchiapone di Atrani imbottito col salsiccione (la pezzentella) di Silvio Imperati. In abbinamento il Furore Rosso Costa d’Amalfi DOC 2024, blend di aglianico, piedirosso e tintore, affinato parzialmente in legno. Un rosso profondo e strutturato, con sentori di ciliegia matura, tabacco e spezie dolci. Al gusto è caldo, avvolgente, con tannini vellutati e grande persistenza, perfetto per sostenere la succulenza del piatto.
Il dessert, firmato dai fratelli Gianfranco e Lello Romano del Gran Caffè Romano di Solofra, ha proposto una delicata versione della delizia al limone, la Tetta di Venere”, con una fetta del pluripremiato pandoro servito con crema alla vaniglia, accompagnato dal liquore artigianale Amaro delle Monache, prodotto da Teodoro Stoduto a Torraca. A chiudere la serata, un omaggio speciale: una bottiglia magnum di Mosaico per Procida è stata donata alla giornalista Annamaria Parlato, direttore responsabile della testata online Sarno24.it, e a Stella Marotta, miglior sommelier della Campania.
Ferraioli ha ricordato con emozione il progetto visionario che ha dato vita al vino simbolo della Capitale Italiana della Cultura, realizzato da Gaetano Cataldo e Roberto Cipresso, e consegnato a Papa Francesco. Tra gli ospiti in sala Alessandro Condurro, erede della storica pizzeria Da Michele, Antonio Mennella del Frantoio Madonna dell’Olivo, Prisco Sammartino di Officine Alkemiche, Carlo D’Amato per I Sapori di Corbara, insieme a tanti affezionati del WIP e giornalisti gastronomici. Impeccabile il servizio di sala, guidato dal direttore Pierpaolo Strino e dal suo staff.
Marisa Cuomo ha dichiarato: “Questa serata ci ha emozionati: vedere i nostri vini raccontati e vissuti in questo modo, tra piatti ispirati e pubblico attento, è il miglior riconoscimento possibile. Abbiamo sentito l’abbraccio della Campania più autentica”. Domenico Fortino e Lorenzo Oliva, fondatori del WIP, hanno commentato con soddisfazione: “Crediamo fortemente nel format ‘Sorsi & Morsi’, perché è uno strumento di racconto del territorio. Ringraziamo Gaetano Cataldo, Identità Mediterranea e tutti i partner: senza condivisione non ci sarebbe cultura, senza territorio non ci sarebbe gusto”.
E proprio Gennaro Fusco, maestro casaro, ha aggiunto: “Il latte racconta la sua terra. E quando lo si mette in sinergia con salumi, pane, vino e passione, nascono momenti come questo, che celebrano la memoria e l’identità della Costiera”. Poichè Cataldo ha sostenuto che “la cultura disseta, non isola”, da questo scambio enogastronomico tra territori si è potuto evincere con certezza che WIP sia diventato un autentico salotto gastrosofico, capace di coniugare tradizione, visione, etica e convivialità, diventando punto di riferimento per artigiani del gusto, intenditori e appassionati. La Campania, ancora una volta, si è raccontata a tavola.