Debutto nell'Agro a Corbara per il progetto "Di Food in Tour"

L'iniziativa del CTG Picentia è in programma domenica 26 maggio dalle ore 10:00

Redazione Sarno 24 21/05/2024 0

Corbara è un Comune dalla storia millenaria, tant’è che risalgono al II secolo a.C. i primi insediamenti. Alla distruzione di Nocera (216 a.C.), ad opera di Annibale, parte della popolazione superstite si trasferisce nelle zone limitrofe, in attesa della ricostruzione della città, durata trent'anni e finanziata dal Senato di Roma per ripagare Nocera della fedeltà a Roma stessa. In questo periodo, verosimilmente, si suppone abbia preso corpo il grosso del nucleo abitativo che diventerà Corbara.

I primi documenti (1010) che citano Corbara risalgono a qualche secolo antecedente l'avvento dei Longobardi e parlano di strade di collegamento, che dal paese portavano alla via Stabia, cioè all'arteria principale che univa Nocera a Castellammare. La storia di Corbara si integra inevitabilmente con quella di Nocera ed è per questo che, a seguito della seconda distruzione compiuta dai Longobardi, Nocera non rinacque più sul modello dell'urbe Romana ma come confederazione di villaggi sparsi, dotati di larga autonomia, denominata Civitas Nuceriae; la confederazione durò fino al 1806 quando, per decreto di Gioacchino Murat, vennero costituiti i Comuni.

Domenica 26 maggio, dalle ore 10:00, vi sarà l’occasione, per chi vorrà visitarla, di conoscerne aspetti culturali ed enogastronomici, grazie al progetto itinerante e tutto al femminile “Di Food in Tour”, che proprio a Corbara inaugura la prima tappa dell’Agro-Nocerino-Sarnese. Dopo i saluti dell'Amministrazione comunale, rappresentata dal Sindaco, Pietro Pentangelo, dal Vicesindaco, Monica Tramparulo, dalla Consigliera con delega alle Attività Produttive, Pina Giordano, e dalla Pro Loco, che accoglieranno tutti con un caffè di benvenuto presso la Caffetteria Baci e Abbracci-S.Erasmo, si partirà dalla settecentesca Cappella di San Giuseppe, costruita ad opera della famiglia Giordano, circondata dalle tipiche abitazioni storiche, per approfondire la conoscenza del borgo, e ci si incamminerà sino all'inizio del percorso Grotta del Caprile-Chianiello-Parco Regionale dei Monti Lattari, per ammirarne le bellezze paesaggistiche e la maestosità.

Corbara è il punto di partenza dei sentieri che raggiungono le pendici delle cime dei Monti Lattari. Il sentiero basso, che parte dal Borgo Sala, raggiunge prima il Chianiello di Angri e poi il Castello di Lettere. Risalendo poi le pendici, si può raggiungere la Grotta del Caprile, il Monte Cauraruso e il Sentiero 300, che è la via alta dei Monti Lattari sino al Monte Cerreto. Subito dopo questa panoramica sul territorio, si proseguirà alla volta dell'Eremo di Sant’Erasmo (prime testimonianze in atti pubblici intorno al 1581), da cui ogni anno, nel mese di luglio, si ripete la secolare tradizione della Calata dell'Angelo.

Seguirà una sosta presso il Ristorante Da Salvatore, dove il menù sarà a base di ingredienti territoriali, come il famoso pomodoro corbarino, il tutto innaffiato dal famoso vino di Corbara. Dopo pranzo, ci sarà modo di visitare la storica Pasticceria Nasta, con una dolce "sortita" post-pranzo a base di specialità artigianali; l'Azienda Agricola Luigi Giordano, per apprezzare le colture locali; in conclusione di giornata un approfondimento culturale presso la Chiesa Madre di San Bartolomeo, patrono di Corbara, per i saluti di congedo.

Gli atti dell'Archivio diocesano di Nocera, relativi al Sinodo, voluto dal Vescovo Pietro Strabone nel 1479, dicono che, già a quel tempo, a Corbara, esisteva una Chiesa di San Bartolomeo, tuttavia, le sue condizioni statiche ed architettoniche dovevano essere piuttosto precarie se, come risulta dalla Visita Pastorale di mons. Eusebio del 10 giugno 1526, essa viene descritta come "un'antica spelonca, diruta e non pavimentata". Nel 1587, il Sindaco Gio Angelo Giordano e moltissimi altri cittadini, attraverso una petizione rivolta al Vescovo Sulpicio Costantino, ottengono l'autorizzazione ad erigere una chiesa parrocchiale, dedicata al Santo che si festeggia ogni anno dal 20 al 27 agosto.

La Vicesindaca Tramparulo ha sostenuto: “Siamo felici di ospitare questa iniziativa, che dal 2017 sta facendo conoscere la provincia di Salerno a numerosi visitatori. Accogliamo sempre con gioia queste iniziative a Corbara, perché riteniamo, come amministrazione comunale, di promuovere maggiormente il turismo, soprattutto quello dei borghi e di prossimità. Speriamo che in futuro la nostra cittadina possa diventare un esempio virtuoso sul territorio dellAgro, accogliendo visitatori di varie nazionalità, per far vivere loro esperienze coinvolgenti a 360 gradi. Complimenti alle donne e professioniste che portano avanti questo progetto, sono molto coraggiose ma d’altronde chi non si dà da fare non ottiene nulla”.

Mina Felici, la Presidente del CTG Picentia, associazione che ha lanciato il format “Di Food in Tour”, ha aggiunto: “Le prenotazioni sono aperte sino a venerdì 24 maggio, invitiamo quindi tutti a compilare il modulo online sul nostro portale e a non perdere questo interessante tour alle porte di un nuovo territorio, che siamo pronte ad esplorare in lungo e in largo, come abbiamo sempre fatto ormai da sette anni a questa parte”.

La vicepresidente, Annamaria Parlato, giornalista enogastronomica e direttrice di Sarno24.it, ha dichiarato: “Corbara è conosciuta per il pomodoro corbarino, che ogni chef o pizzaiolo brama per le proprie creazioni culinarie. E’ un'eccellenza che presto riceverà riconoscimenti importanti a livello di denominazioni. Anticamente, però, esistevano numerose colture, come i limoni o la vite, che si stanno pian piano recuperando. Il vino di Corbara era noto anche ai Romani, tant’è che le condizioni pedoclimatiche particolarissime e irripetibili danno vita al Cruàra, un prodotto unico. Domenica si scopriranno molte situazioni interessanti, che sicuramente incanteranno i partecipanti, desiderosi di scoprire le bellezze campane”. Il Food Blog 2Ingredienti Arte&Cibo sarà media partner dell’evento.

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Annamaria Parlato 19/05/2024

Da Sant'Egidio a Minori, Italo D'Apuzzo e la sua storia da ristoratore

Il lavoro del ristoratore è spesso descritto come uno dei più impegnativi nel settore dei servizi. Esso richiede una combinazione unica di abilità culinarie, gestione aziendale, servizio al cliente e, spesso, resistenza fisica e mentale. Creare un menù che sia attraente per i clienti, economico da produrre e in grado di generare profitto è una delle sfide principali. Questo include anche la gestione delle scorte di ingredienti, che devono essere freschi e disponibili.

Il ristoratore deve assumere, formare e mantenere un team di cuochi, camerieri, baristi e altro personale. Ciò richiede abilità di leadership e gestione delle risorse umane, oltre a dover spesso affrontare problemi di turnazione e sostituzioni all'ultimo minuto. La preparazione dei pasti impone non solo abilità culinarie, ma anche una gestione efficiente del tempo e della cucina. I ristoratori spesso lavorano ore lunghe e irregolari per garantire che tutto sia perfetto. Assicurarsi che i clienti siano soddisfatti è essenziale: questo include la gestione delle lamentele, la creazione di un'atmosfera piacevole e la costruzione di relazioni con i clienti abituali. Un ristorante deve essere sempre pulito e ben mantenuto. Tutto questo richiede uno sforzo costante per garantire che tutte le aree, dalla cucina alla sala, siano in condizioni ottimali.

La pressione di mantenere standard elevati, la gestione di un team e la necessità di soddisfare i clienti possono essere fonte di stress significativo. Il lavoro in un ristorante può interferire con la vita personale, dato che spesso richiede orari serali, festivi e fine settimana. Nonostante tutte queste sfide, molti ristoratori trovano grande soddisfazione nel vedere i loro clienti godere del cibo e dell'atmosfera che hanno creato. La passione per la cucina e l'ospitalità è spesso ciò che li spinge a superare le difficoltà quotidiane.

Il ristoratore di oggi deve essere un abile manager, un innovatore, un leader ispirato, capace di navigare in un ambiente in continua evoluzione e di rispondere prontamente alle nuove sfide e opportunità. La capacità di adattarsi e innovare è fondamentale per il successo nel settore della ristorazione contemporanea.

Italo D’Apuzzo, originario di Sant’Egidio del Monte Albino, da circa dieci anni svolge questo ruolo, assieme a Gerardo Dipino, presso la Locanda del Pescatore di Minori. Non è stato semplice lasciare l’Agro, ma la passione e l’amore per l’ospitalità lo hanno invogliato a cambiare territorio per iniziare una nuova avventura nella Divina Costa. D’Apuzzo ha risposto alle nostre domande con molto entusiasmo, svelando cosa c’è dietro a questa professione.

1) Da Sant'Egidio a Minori per la gestione del suo ristorante, ha nostalgia del suo paese natìo?

Andare via da Sant’Egidio del Monte Albino per gestire il ristorante a Minori non è stato facile, perché sono molto legato alla mia terra, alla mia famiglia e ai miei amici.

2) Quando e come è iniziata la sua avventura di ristoratore?

La mia avventura, che poi è anche la mia più grande passione, è iniziata molto presto; da adolescente ho frequentato l’Istituto Alberghiero di Nocera Inferiore, diplomandomi con il massimo dei voti. Ho seguito poi una serie di corsi, soprattutto ho lavorato come responsabile di sala e come direttore in molti ristoranti e in diverse località. Nel 2014 ho deciso di gestire la Locanda del Pescatore, dopo aver effettuato un’attenta valutazione anche legata al fatto della mia esperienza in questo settore, credendo in me e realizzando finalmente il mio più grande sogno: quello di gestire un ristorante in Costiera Amalfitana tutto mio!

3) Ha portato un po' del suo territorio in Costiera?

In primo luogo ho cercato di far crescere l’immagine del ristorante, utilizzando sempre prodotti di prima qualità, non cadendo nell’errore di pensare che, solo per il fatto di essere in Costiera, la scelta dei prodotti sarebbe dovuta essere una cosa secondaria! Sempre e solo il meglio per i miei ospiti!

4) Ha trovato la giusta accoglienza in Costiera?

Inizialmente non è stato facile, ero pur sempre di un altro paese, anche se non parliamo di un’enorme distanza. Le persone dapprima mi hanno studiato, ma poi, capendo la mia natura solare, mi hanno fatto sentire uno di loro!

5) Cosa ama la clientela della Locanda e quali sono i piatti più richiesti?

Dalle recensioni, gli ospiti apprezzano la qualità e la freschezza dei nostri piatti, le varie paste fresche fatte in casa dal mio chef e i dolci sempre realizzati da lui; oltre alla cordialità del personale e il fatto che si sentono da subito come a casa. Tra i miei ospiti abituali, molti sono di Sant’Egidio, incontrarli ogni volta è un’enorme piacere. Le portate più gradite sono: lo scialatiello amalfitano allo scoglio; i ravioli ripieni di pesce spada, con olive, capperi e pomodorini; gli gnocchi con pesto di pistacchio e salmone; la candela spezzata a mano alla genovese di tonno.

6) Come potrebbe incrementare il turismo Sant'Egidio? La ristorazione di qualità potrebbe essere la giusta soluzione?

Sant’Egidio ha un grandissimo potenziale e tantissimo viene fatto per incrementare il turismo e portare in alto il nome del nostro paese dalla Pro Loco, che si impegna costantemente. Dal mio punto di vista, bisognerebbe valorizzare al massimo la bellezza che già c’è, ma anche aiutare con finanziamenti nuove attività soprattutto nel centro storico.

7) Quali ricordi la legano di più alla sua terra?

I ricordi sono quelli dell’infanzia spensierata e felice, legati in modo particolare alla mia famiglia ed ai miei nonni, che non ci sono più ma che mi hanno insegnato ogni cosa della vita. Ho due stupendi genitori che mi hanno sempre sostenuto in tutto e che amo molto, e due fratelli ai quali sono molto legato, siamo una famiglia molto unita.

8) Tra i suoi progetti futuri potrebbe esserci l'apertura di un secondo locale proprio a Sant'Egidio?

In realtà più di una volta ho pensato di aprire un’attività nel mio paese natìo, non escludo che questo possa avvenire.

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Annamaria Parlato 26/06/2024

Pomodoro San Marzano DOP, l'oro rosso dell'Agro nocerino-sarnese

La storia del pomodoro è affascinante e ricca di sviluppi interessanti nel corso dei secoli. Il pomodoro (Solanum lycopersicum) è originario delle regioni costiere dell'America Centrale, dove è stato coltivato per migliaia di anni dai popoli indigeni come gli Aztechi e i Maya. I primi esemplari furono portati in Europa dai conquistadores spagnoli nel XVI secolo. Inizialmente, furono accolti con sospetto e talvolta addirittura considerati velenosi, poiché appartenevano alla stessa famiglia delle piante velenose, come la belladonna. Nonostante i dubbi iniziali, il pomodoro alla fine si diffuse in tutta Europa e divenne parte integrante della cucina mediterranea, soprattutto in Italia. Nel XVIII secolo, la sua popolarità crebbe notevolmente.

Nel corso dei secoli, sono state sviluppate numerose varietà di pomodoro con diverse forme, dimensioni e colori. La coltivazione si è estesa a livello mondiale, diventando una delle colture più importanti e consumate al mondo. Oggi il pomodoro è un ingrediente fondamentale in molte cucine, utilizzato fresco, cotto, in salse, sughi, zuppe, insalate e molto altro. È anche la base per prodotti come il ketchup e il concentrato di pomodoro. Oltre al suo utilizzo culinario, il pomodoro è apprezzato per le sue proprietà nutrizionali. È ricco di vitamine, minerali e antiossidanti benefici per la salute.

Il San Marzano DOP è una varietà particolare di pomodoro, considerata tra le più pregiatе al mondo per il suo sapore dolce e la consistenza carnosa. Prende il nome dal Comune di San Marzano sul Sarno, nel territorio dell’Agro Nocerino-Sarnese, dove vi arrivò nel 1770 come dono del viceré del Perù al re di Napoli, attecchendovi in maniera ottimale. È coltivato oggi principalmente nelle province di Napoli, Salerno (l’intero territorio dei comuni di San Marzano sul Sarno, Scafati, San Valentino Torio, Baronissi, Fisciano, Mercato San Severino, Siano, Castel San Giorgio, Roccapiemonte, Nocera Superiore, Nocera Inferiore, Sarno, Pagani, Sant’Egidio del Monte Albino, Angri) e Avellino.

È un pomodoro a forma allungata, con polpa spessa e pochi semi. Ha un sapore dolce e aroma intenso, che lo rendono ideale per la preparazione di sughi, salse e conserve. Il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) indica che il pomodoro San Marzano è coltivato, raccolto e trasformato secondo rigorosi standard nella sua zona di origine. Questo garantisce l'autenticità e la qualità del prodotto. È molto apprezzato nella cucina italiana tradizionale e campana, soprattutto per preparare il famoso ragù o la salsa di pomodoro San Marzano, che è la base di molti piatti, tra cui la pizza. Grazie alla sua eccellenza e alla crescente popolarità della cucina italiana nel mondo, il San Marzano DOP è diventato un ingrediente ricercato anche al di fuori dell'Italia. La produzione di San Marzano DOP è limitata e regolamentata per preservare la qualità e l'autenticità del prodotto. Le condizioni climatiche e il terreno vulcanico della regione contribuiscono alle caratteristiche distintive di questo pomodoro.

Ha una forma allungata e cilindrica, leggermente curvata, con una punta più appuntita rispetto ad altri pomodori. È generalmente più grande rispetto alla media dei pomodori comuni. La sua buccia è liscia, sottile e di un rosso intenso brillante, con sfumature arancioni quando completamente maturo. Il colore uniforme è un segno distintivo di qualità. È noto per il suo sapore dolce, con una leggera acidità che lo rende equilibrato e piacevole al palato. Questa peculiarità è dovuta alla concentrazione di zuccheri naturali nel frutto, che si sviluppano pienamente grazie alle condizioni climatiche e al terreno vulcanico della regione di provenienza. Ha un aroma intenso e caratteristico, che si sprigiona appena si affetta o si schiaccia il frutto. Questo aroma contribuisce alla sua capacità di migliorare e arricchire i piatti cui viene aggiunto.

Il pomodoro San Marzano è una buona fonte di vitamine e minerali essenziali. Contiene vitamina C, vitamina K, potassio e folati, che sono importanti per la salute generale dell'organismo. È ricco di antiossidanti naturali come il licopene, beta-carotene e flavonoidi. Il licopene in particolare è un potente antiossidante che può aiutare a proteggere le cellule dai danni causati dai radicali liberi, contribuendo così a ridurre il rischio di malattie croniche come le malattie cardiache e alcuni tipi di cancro. Il San Marzano fornisce vitamina A, che è essenziale per la salute degli occhi e può aiutare a prevenire problemi di vista legati all'età, come la degenerazione maculare. È una buona fonte di fibre alimentari, che sono importanti per la salute digestiva. Le fibre possono aiutare a migliorare la regolarità intestinale e a mantenere un sistema digestivo sano.

Il Consorzio di Tutela del Pomodoro San Marzano DOP, istituito nel 1999, è un'organizzazione che ha il compito di proteggere e promuovere il pomodoro San Marzano, garantendo autenticità, qualità e provenienza. Ecco alcuni punti chiave riguardo al suo ruolo e alle sue funzioni:

1. Scopo

Il Consorzio è creato per tutelare e valorizzare il pomodoro San Marzano DOP, assicurando che sia prodotto, trasformato e commercializzato secondo rigidi standard stabiliti;

2. Certificazione DOP

Il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) è una certificazione europea che garantisce che il pomodoro San Marzano sia coltivato nelle specifiche zone geografiche designate nelle province di Napoli, Salerno e Avellino. Questa certificazione assicura che il pomodoro abbia caratteristiche uniche dovute alle condizioni pedoclimatiche della regione, come il terreno vulcanico del Vesuvio;

3. Normative e regolamenti

Il Consorzio stabilisce le regole e i regolamenti riguardanti la coltivazione, la raccolta, la lavorazione e la commercializzazione del pomodoro San Marzano DOP. Queste normative mirano a garantire che il prodotto mantenga le sue caratteristiche distintive e che il consumatore riceva un prodotto autentico e di alta qualità;

4. Monitoraggio e controllo

Il Consorzio monitora costantemente il rispetto delle normative da parte dei produttori e dei trasformatori autorizzati. Sono previsti controlli regolari per verificare la conformità del prodotto e per prevenire frodi o contraffazioni;

5. Promozione e valorizzazione

Oltre alla tutela, il Consorzio si impegna nella promozione del pomodoro San Marzano DOP a livello nazionale e internazionale. Questo include attività di marketing, partecipazione a fiere ed eventi gastronomici, collaborazioni con chef e ristoranti per promuovere l'utilizzo del pomodoro San Marzano nelle cucine di tutto il mondo;

6. Trasparenza e informazione

Il Consorzio fornisce informazioni dettagliate sul pomodoro San Marzano DOP, inclusi i suoi benefici nutrizionali, le modalità di utilizzo in cucina e le ultime novità riguardanti la produzione e il mercato.

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Il vero San Marzano DOP è ottenuto dalle varietà San Marzano 2 e KIROS: la prima è spesso considerata una versione migliorata del classico pomodoro San Marzano DOP, ha una forma allungata e cilindrica simile al San Marzano tradizionale, ma è stata sviluppata per avere una maggiore resistenza alle malattie e una resa migliore; la seconda è una varietà moderna che si distingue per il suo gusto dolce e la buccia sottile. È caratterizzata da un colore rosso brillante e una forma tonda o leggermente ovale. È spesso utilizzata sia fresca che cotta, in insalate, come base per salse o per il consumo diretto. La varietà Kiros è apprezzata per la sua resa elevata e la buona capacità di conservazione.

Ecco la ricetta classica per preparare gli spaghetti alla puttanesca, piatto tipico dell’area vesuviana e salernitana, ideale da consumarsi nel periodo estivo in quanto racchiude tutti i profumi della cucina mediterranea;

Ingredienti: 320 g di spaghetti (o pasta lunga a piacere); 400 g di pomodori pelati San Marzano DOP; 50 g di acciughe sott'olio; 50 g di olive nere denocciolate di Gaeta; 2 cucchiai di capperi sotto sale, sciacquati; 2 spicchi d'aglio, tritati finemente; peperoncino rosso secco (q.b.); olio extravergine d'oliva; sale q.b.; prezzemolo fresco tritato (opzionale, per guarnire).

Preparazione: Tritare finemente l'aglio, tagliare a metà le olive nere e sciacquare i capperi sotto acqua corrente per eliminare l'eccesso di sale. In una padella capiente, scaldare 2-3 cucchiai di olio extravergine d'oliva a fuoco medio. Aggiungere l'aglio tritato e il peperoncino (a piacere) e far soffriggere per qualche minuto, facendo attenzione a non farli bruciare. Inserire le acciughe sott'olio precedentemente scolate dal loro olio e fatte a pezzetti. Mescolare per far sciogliere le acciughe nel soffritto. Incorporare le olive nere tagliate a metà e i capperi sciacquati. Continuare a mescolare per amalgamare bene gli ingredienti.

Versare i pomodori pelati nella padella, schiacciandoli leggermente con una forchetta o un mestolo. Portare il sugo alla puttanesca a ebollizione, poi abbassare il fuoco e lasciar cuocere a fuoco medio-basso per circa 15-20 minuti, mescolando di tanto in tanto. Nel frattempo, cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata secondo le istruzioni sulla confezione, fino a quando sono al dente. Scolare gli spaghetti e trasferirli direttamente nella padella con il condimento alla puttanesca. Mescolare bene la pasta con il sugo, facendo in modo che si amalgami perfettamente. Servire gli spaghetti alla puttanesca caldi, guarnendo con prezzemolo fresco tritato se desiderato. Aggiungere un filo d'olio extravergine d'oliva a crudo a piacere per un sapore più intenso.

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Redazione Sarno 24 05/07/2024

Pompei, dedicato all'oste più famoso dell'antichità il menù di "Caupona"

Le pietanze che si servivano duemila anni fa nel Termopolio di Vetutius Placidus, uno dei più celebri della città sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C., ritrovano consistenza, profumo e, soprattutto, sapore nel nuovo menù che l’archeo-ristorante “Caupona” di Pompei ha dedicato all’oste più famoso dell’antichità. Le nuove portate del menù di Vetuzio Placido, cinque in tutto, si ispirano infatti alla vita di questa figura di spicco della società pompeiana dell’epoca, che insieme alla moglie Ascula gestiva una caupona (un’osteria), strategicamente posizionata su via dell’Abbondanza.

I loro nomi compaiono in manifesti elettorali e su diversi manufatti in terracotta, a sottolineare la loro rilevante posizione sociale. D’altra parte anche la loro caupona è un ottimo esempio di mobilità sociale nell'antica Pompei, a dimostrazione che commercianti ed artigiani godevano di uno status elevato. In questo locale si servivano bevande e cibi caldi conservati in grandi giare incassate nel bancone di mescita in muratura, riccamente decorato. Adiacente alla zona pranzo, un triclinio (sala da pranzo) ben arredato permetteva agli ospiti di gustare i pasti in un ambiente più formale, completo di posti a sedere e decorazioni elaborate.

Le portate inserite nel menù dedicato all’antico oste pompeiano sono state ricostruite grazie al lavoro dello studioso Francesco Di Martino, patron dell’archeo-ristorante Caupona, con la collaborazione di archeologi e storici. La preparazione dei piatti, invece, è stata affidata agli executive chef Aldo Nappo, Vincenzo Russo e Giuseppe Cassaro, che hanno combinato competenze storiche e culinarie.

Ecco cosa prevede il menù. Gustatio con crostone con ricotta di pecora, miele e mandorle. Promulsis con pastinache arrosto con miele, aceto e filetti di merluzzo con olive, lupini e ceci su salsa all’albicocca con pepe e zenzero. La Prima Mensa è farro e orzo con zucchine all’Apicio, menta, alici marinate al timo e garum. Si prosegue con la Secunda Mensa: sogliola aromatizzata con spezie antiche con insalatina di rucola, mela, cetrioli e uva. Infine la Crustula con patina de piris: torta di pere cotte con miele e cannella.

Il menù di Vetuzio Placido sarà disponibile presso l’archeo-ristorante “Caupona” di Pompei per tre mesi.

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