Nella valle del Sarno rivive la tradizione della pannocchia d'estate
Sapori, convivialità e storia di un rito estivo che continua a unire le generazioni
Annamaria Parlato 30/08/2024 0
La pannocchia è la spiga del mais, caratterizzata da un insieme di chicchi disposti in file attorno ad un asse centrale. I chicchi, che variano nel colore dal giallo all'arancione, fino al rosso o viola, sono la parte commestibile della pannocchia. Ha una storia lunga e affascinante, che risale a migliaia di anni fa.
Il mais, da cui deriva la pannocchia, è originario del Messico. Le prime coltivazioni risalgono a circa 9.000 anni fa, quando le popolazioni indigene iniziarono a selezionare e coltivare il teosinte, una pianta erbacea selvatica, che è l'antenato del mais moderno. Attraverso una lunga selezione artificiale, gli antichi agricoltori riuscirono a sviluppare le varietà di mais che conosciamo oggi. Il mais si diffuse rapidamente in tutta l'America, diventando un alimento base per molte civiltà precolombiane, come i Maya, gli Aztechi e gli Inca.
Oltre al suo utilizzo alimentare, il mais aveva anche un ruolo importante in cerimonie religiose e culturali. Fu introdotto in Europa dopo l'arrivo di Cristoforo Colombo nelle Americhe, nel 1492. Gli esploratori spagnoli e portoghesi portarono i semi di mais nei loro paesi d'origine, dove la pianta si adattò bene ai climi temperati. Nei secoli successivi, il mais si diffuse in tutta Europa, Asia e Africa. In Italia, la sua coltivazione prese piede soprattutto nel nord, nelle regioni della Pianura Padana, dove il clima era favorevole alla sua crescita.
In Italia, il mais divenne rapidamente un alimento base, soprattutto nelle regioni settentrionali. La polenta, un piatto a base di farina di mais, divenne uno dei cibi più comuni tra le popolazioni rurali. La pannocchia, invece, era consumata sia fresca che essiccata. Con il tempo, la coltivazione del mais contribuì alla rivoluzione agricola in Europa, poiché offriva un raccolto abbondante e nutriente, che poteva sfamare grandi popolazioni. La pannocchia è diventata un simbolo di abbondanza e prosperità. In molte culture, è associata al raccolto e alla festa.
Oggi, il mais è una delle colture più importanti al mondo. Viene utilizzato non solo per l'alimentazione umana, ma anche per la produzione di mangimi animali, biocarburanti e numerosi prodotti industriali. La pannocchia, in particolare, rimane un cibo apprezzato e viene consumata in molte forme diverse, è anche utilizzata per produrre farina di mais, olio e altre derrate alimentari. È spesso protagonista nelle sagre italiane, dove viene celebrata come simbolo di tradizione agricola e gastronomica. Durante queste feste popolari, che si svolgono solitamente nei mesi estivi o all'inizio dell'autunno, la pannocchia viene preparata in vari modi, ma la versione più comune è quella grigliata o arrostita.
A Castel San Giorgio (SA), nella valle del Sarno, ogni anno si tiene la Sagra della Pasta e Fagioli e della Pannocchia, dove viene servita anche fritta. La pannocchia viene spesso cotta su grandi griglie all'aperto, esaltando il suo sapore dolce e affumicato. I partecipanti alle sagre la consumano direttamente dal torsolo, magari condita con un po' di sale, burro, salse o altre spezie, ma anche cioccolata. La pannocchia è diventata un simbolo dell'estate, associata a momenti di relax, vacanze e pasti all'aperto. La sua popolarità durante i mesi estivi è un esempio di come le tradizioni agricole si siano integrate nelle abitudini alimentari moderne.
Il venditore di pannocchie era una figura popolare ("o' spicaiolo"), particolarmente amata dai bambini e dai lavoratori, che cercavano uno spuntino economico e nutriente. In molte comunità, il venditore di pannocchie (dette in dialetto "pullanchelle") era conosciuto da tutti e la sua presenza era un segno del cambio di stagione. Sebbene oggi questa professione sia meno comune, specialmente nelle città, il ricordo del venditore di pannocchie rimane vivo nella memoria collettiva e in alcune sagre, dove questo ruolo viene celebrato e a volte ricreato.
Il profumo che emana il pentolone ("caurara") in cui bollono le spighe riporta indietro nel tempo, all’infanzia e alla gestualità dei venditori ambulanti, che in grandi fogli di carta oleata le avvolgevano, ricoprendole di sale che fuoriusciva da un grande corno di bue, lo stesso utilizzato per insaporire "o’ per e o’ muss".
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