Nocera Inferiore, viaggio nei sapori flegrei coi vini di Verde e le creazioni Wip

Una serata all’insegna delle eccellenze campane con gli approfondimenti del sommelier Cataldo

Annamaria Parlato 28/03/2025 0

Nella serata di martedì 25 marzo, Wip Burger & Pizza di Nocera Inferiore si è trasformato in un palcoscenico di eccellenze enogastronomiche con l’evento "Sorsi & Morsi, un incontro di eccellenze campane". Il pubblico si è palesato numeroso, tra i presenti anche rappresentanti comunali, produttori del settore agroalimentare e vitivinicolo, giornalisti di settore e cultori del buon bere e mangiare. Organizzato in collaborazione con Identità Mediterranea, il percorso degustativo è stato guidato dai maestri pizzaioli Domenico Fortino e Riccardo Faiella, dallo chef Alfonso Rega e dal vigneron Ciro Verde della cantina "Il Quarto Miglio". L’evento ha visto la partecipazione speciale di Gaetano Cataldo, giornalista enogastronomico e miglior sommelier dell'anno al Merano Wine Festival.

La serata è iniziata con un padellino di pasta e patate, a base di impasto alle patate con pancetta tesa, provola di bufala, basilico, e completata con fonduta di provolone del monaco, scorza di formaggio e polvere di peperone crusco, piatto che ha espresso il comfort food campano nella sua essenza più pura. Ad accompagnarlo, bollicine di Falanghina spumantizzata, un vino dalla freschezza vibrante e note floreali che hanno esaltato la cremosità del piatto. Si è proseguito con una creazione inedita: il padellino con impasto al caffè, crema di cicerchie, cozze impepate e anello di cipolla piastrata, abbinato alla Falanghina DOC 2022. "Questo vino - spiega Verde - è caratterizzato da un’acidità ben bilanciata, con sentori di agrumi e frutta bianca. La sapidità del mare, unita alla dolcezza della cipolla piastrata e alle note tostate dell’impasto al caffè, ha creato un connubio sorprendente".

Si è proseguito con un omaggio alla tradizione partenopea con la pizza napoletana contemporanea, realizzata con impasto di grano 0 bio e condita con Scarpariello al pomodoro cannellino dei Campi Flegrei. Ad accompagnarla, la Falanghina Bio 2021, un vino dalla struttura complessa con note minerali e fruttate, che si sono legate armoniosamente alla dolcezza e all’acidità del pomodoro cannellino. "Abbiamo scelto un impasto leggero e fragrante - afferma Fortino - per esaltare il gusto autentico del pomodoro flegreo, valorizzato dalla Falanghina Bio, che con la sua freschezza ha donato equilibrio al morso".

Il pomodoro cannellino dalla forma oblunga è una varietà autoctona, particolarmente apprezzata per la sua dolcezza e il suo carattere sapido, dovuto alla coltivazione su suoli di origine vulcanica. Ha buccia sottile e una polpa succosa, caratteristiche che lo rendono perfetto sia per il consumo fresco sia per la preparazione di salse e sughi. Il pizzaiolo Riccardo Faiella ha spiegato la filosofia alla base delle sue pizze: "La nostra ricerca si basa sulla selezione di materie prime eccellenti e sulla sperimentazione con impasti impreziositi dagli extravergine che ricerchiamo sull’intero territorio nazionale. La pizza Scarpariello, ad esempio, è un omaggio alla tradizione, ma con un impasto altamente digeribile che esalta il sapore del pomodoro cannellino".

Il percorso è proseguito con un vino bianco di carattere, il Macchia 2018, una Falanghina affinata sulle fecce fini, che si è distinta per la sua struttura avvolgente e i sentori di frutti bianchi maturi e spezie. È stato abbinato a due piatti della tradizione flegrea: il tatiello puteolano, simile al migliaccio praianese a base di pasta e semola, ripieno di salumi e formaggi, e la celebre minestra maritata, dove verdure e carne si sono fuse in un’armonia di sapori antichi. "Il nostro Macchia - sottlinea Cataldo - ha una struttura avvolgente, che si è sposata perfettamente con la sapidità del tatiello e la profondità della minestra maritata, piatto che rappresenta il vero DNA della cucina campana".

Il Piedirosso DOC 2022 ha accompagnato il crostone con ragù alla genovese e il suo pulled beef. Un abbinamento studiato per esaltare le note speziate e terrose del vino, che con la sua morbidezza e freschezza ha bilanciato l’intensità dell’intingolo. "Il Piedirosso - afferma Verde - è un vitigno autoctono incredibilmente versatile, capace di raccontare la terra vulcanica dei Campi Flegrei attraverso il calice". La chiusura della serata è stata affidata allo chef Alfonso Rega, che ha proposto il suo migliaccio dolce con scorza di mandarino dell’Agro Nocerino-Sarnese, un dolce a base di semolino e ricotta, dalla consistenza morbida e dal profumo agrumato. "Il migliaccio - racconta Rega - è un dolce della tradizione povera, che ho voluto reinterpretare dando risalto agli agrumi del nostro territorio per un tocco di freschezza e aromaticità".

I pasticcieri Raffaele e Gianfranco Romano del Gran Caffè Romano di Solofra hanno invece deliziato i presenti con la loro colomba agli agrumi, abbinata a un gelato di mela annurca. "Abbiamo voluto creare un dessert - dice Gianfranco - che esaltasse la delicatezza e l'intensità dei profumi mediterranei. La nostra colomba agli agrumi ha una lievitazione lenta e naturale, mentre il gelato di mela annurca aggiunge una nota fresca e leggermente acidula che equilibra la dolcezza del lievitato".

La cantina "Il Quarto Miglio" ha saputo valorizzare i vitigni autoctoni dell’Area Flegrea, un territorio dal suolo vulcanico che conferisce ai vini caratteristiche di spiccata mineralità. L’azienda ha puntato su una viticoltura sostenibile, rispettosa della tradizione ma aperta all’innovazione. La famiglia Verde si dedica alla produzione vinicola da diverse generazioni: si raccontava che Raffaele Verde già a fine Ottocento facesse uno dei vini migliori di Quarto. Vanto del territorio, contadini e carrettieri facevano tappa obbligata da don Raffaele. In tutta la sua storia, la famiglia ha sempre gestito direttamente questa attività con scelte coraggiose ed innovative, mantenendo inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio. Dal 2004, dopo un’alternanza di quattro generazioni, Ciro Verde gestisce in prima persona le attività legate alla cantina, riuscendo ad esprimere al meglio il talento commerciale dei nonni ed il taglio raffinato dal padre, Raffaele.

Il nome dell’azienda deriva da una pietra miliare che riporta la dicitura “ad quartum” e che rimanda al IV Miglio Romano, unità di misura che segna la distanza tra la città di Pozzuoli e l’attuale Quarto, lungo l’antica Via Consolare Campana, che collegava Pozzuoli a Capua. "Lavoriamo ogni giorno - dichiara Verde - per portare in bottiglia l’identità autentica dei Campi Flegrei, valorizzando la peculiarità dei nostri suoli e delle nostre uve". Cataldo ha concluso: “Eventi come questi dimostrano quanto sia fondamentale valorizzare le eccellenze locali. La Campania ha un patrimonio enogastronomico straordinario e questa serata è la prova di come tradizione e innovazione possano convivere armoniosamente".

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Redazione Sarno 24 19/11/2024

A Pompei le tipicità campane incontrano i vini del Piemonte

Giovedì 12 dicembre, dalle ore 20:00, il ristorante Pompeo Magno (via S. Abbondio 155, Pompei) propone una serata/incontro con Domenico Tappero Merlo, proprietario dell'azienda Tappero Merlo Wines & Hospitality, nonchè professore del modulo di Gusto e Sostenibilità al Master in Comunicazione per le industrie creative all’Università Cattolica di Milano.

Da sommelier e vignaiolo innamorato della sua terra, il Canavese, Tappero Merlo condurrà alla scoperta dell’Erbaluce di Caluso, celebrato come vitigno dell’anno 2023 del Piemonte, e delle grandi potenzialità per la valorizzazione culturale e lo sviluppo sostenibile delle realtà rurali italiane. Un menù ricco, pensato per suggellare in un ideale matrimonio i prodotti campani e i vini del nord.

Info e prenotazioni: 0818598050 - info@pompeomagno.it

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Redazione Sarno 24 12/09/2024

Festa del Pomodoro a San Valentino Torio il 28 e 29 settembre

Sabato 28 e domenica 29 settembre, debutta a Sal Valentino Torio la "Festa del Pomodoro", che si terrà presso Largo Tringiale alla frazione Casatori. Durante le serate è previsto un percorso gastronomico per riscoprire i tanti sapori contadini. Protagonista indiscusso il pomodoro, eccellenza del territorio.

"Ringraziamo l'Associazione Domus Tauri - afferma il sindaco Strianese - per l'organizzazione dell'iniziativa che l'amministrazione comunale ha voluto sostenere e promuovere con convinzione, per valorizzare i vecchi mestieri, un prodotto storico della nostra agricoltura e le antiche tradizioni della terra."

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Annamaria Parlato 19/10/2024

Da Nuceria Paganorum all'araldica, la noce è alimento nobile nell'Agro

Nocera dei Pagani, o Nuceria Paganorum, era il nome di una civitas esistita tra il XVI secolo e il 1806, comprendente l'attuale territorio di cinque comuni: Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pagani, Sant'Egidio del Monte Albino e Corbara. Questo territorio faceva parte dell'antica Nuceria Alfaterna e in passato aveva dominato la piana del Sarno, arrivando fino a Stabia e Pompei.

Il nome "Nocera dei Pagani" appare per la prima volta nel XVI secolo, legato alla famiglia Pagano, signori del borgo medievale di Cortimpiano (oggi Pagani). La crescente importanza della famiglia portò al cambiamento del nome da Nocera dei Cristiani a Nocera dei Pagani. La civitas di Nocera dei Pagani era divisa in due dipartimenti: Nocera Soprana, comprendente i casali che avrebbero dato origine a Nocera Inferiore e Nocera Superiore, e Nocera Sottana, composta dalle università di Sant'Egidio, Pagani e Corbara.

Queste università (equivalenti ai Comuni odierni) godevano di autonomia politica ed economica, con sindaci, parlamenti e magistrati propri. Ogni anno, in agosto, gli abitanti maschi maggiorenni eleggevano in assemblea un sindaco e alcuni membri, equiparabili agli attuali assessori. Nocera Sottana, inoltre, eleggeva un sindaco universale che, insieme ai due sindaci universali di Nocera Soprana, formava un triumvirato responsabile delle questioni comuni alla confederazione. Ciascuna università possedeva un proprio demanio, costituito da case, terre e boschi, oltre a un demanio comune alla città, composto principalmente da selve che occupavano gran parte del territorio.

Nelle selve il noce era la cultivar predominante assieme alla quercia, tanto da assumere una certa importanza sia nell’economia locale sia nella storia dei comuni, attraverso l’araldica. A Sant’Egidio del Monte Albino, a partire dal XVI secolo, avveniva l’elezione del Sindaco, dopo il saluto del rappresentante del Governatore della Città di Nocera, dinnanzi alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, col sistema delle fave e delle noci deposte in un sacchetto sul sagrato dell’Abbazia di Santa Maria Maddalena in Armillis.

Lo stemma di Nocera dei Pagani ha una lunga e complessa storia legata all'evoluzione del territorio e delle sue comunità. Il simbolo principale è un albero di noce sradicato, che rappresenta un tipico esempio di "stemma parlante", dove l'elemento araldico richiama il nome del luogo o della famiglia, in questo caso il noce (latino: nux) e Nocera. Tuttavia, il nome Nocera ha un'etimologia diversa, legata probabilmente all'antico nome della città romana Nuceria Alfaterna. L'uso dello stemma con l'albero di noce risale ufficialmente al XVI secolo, ma la sua origine è più antica. Lo stemma, infatti, deriverebbe dal blasone della famiglia dei Conti di Nocera, un'importante casata locale nata dai Dauferidi nel XI secolo, che governava su vaste porzioni del territorio. La rappresentazione dell'albero di noce nello stemma divenne quindi il simbolo identificativo della città di Nocera dei Pagani.

Esistono diverse versioni dello stemma, riportate da vari autori. Il De' Santi, nella sua opera "Memorie delle famiglie nocerine", descrive lo stemma originale come uno scudo dorato con un albero di noce al naturale. Tuttavia, una versione più diffusa vede lo stemma su fondo azzurro, con frutti d'oro pendenti dai rami. Un'altra versione dello stemma, riportata da Monsignor Lunadoro e dal Maruggi, raffigura una donna in abito purpureo che ferisce con un ferro un giovane addormentato in un letto, richiamando un racconto del greco Dositeo, riportato da Plutarco, sulle origini di Nocera. Questa versione è meno certa storicamente.

Lo stemma di Nocera dei Pagani si è poi evoluto, dando origine agli stemmi attuali delle città nate dalla suddivisione di Nocera dei Pagani, tutti con l’albero del noce: Nocera Inferiore, Nocera Superiore, Pagani e Sant'Egidio. Rappresentazioni scultoree dello stemma con il noce si trovano in vari luoghi storici del territorio, tra cui edifici religiosi e civili a Nocera Inferiore, Nocera Superiore e Pagani, come la chiesa del Corpo di Cristo, il Convento di Santa Maria degli Angeli e il campanile del Convento di Sant'Antonio.

Oggi la noce è un prodotto largamente diffuso sul territorio dell’Agro e la varietà utilizzata è quella Sorrento. Conosciuta per la qualità del suo frutto e per le sue eccellenti caratteristiche organolettiche, la Sorrento ha una lunga tradizione di coltivazione in Campania, tanto da essere diventata un simbolo dell'agricoltura locale. Ha una forma ovale allungata, con un guscio sottile ma resistente, che la rende facile da rompere. La dimensione è generalmente media, ma il frutto risulta di alta qualità. Il guscio è chiaro, liscio e uniforme, particolarmente apprezzato per la facilità con cui può essere aperto. Il gheriglio (la parte commestibile) è di colore chiaro, di forma regolare e si stacca facilmente dal guscio. Ha un sapore delicato, leggermente dolce e molto piacevole, ricco di oli essenziali che conferiscono un aroma caratteristico.

Il gheriglio di questa varietà è particolarmente apprezzato perché si presenta integro dopo la rottura del guscio, una caratteristica importante per il consumo diretto e l’uso culinario. Questa varietà è molto apprezzata sia per il consumo diretto, sia nell’industria dolciaria e gastronomica. Le noci Sorrento vengono utilizzate nella preparazione di dolci tradizionali campani, come le torte di noci, ma anche in liquori e condimenti. Grazie al suo sapore delicato, la noce Sorrento si presta bene anche a essere abbinata a formaggi, insalate e piatti a base di carne.

Le noci erano spesso consumate al naturale, sia fresche appena raccolte (periodo settembre-ottobre), sia dopo l’essiccazione. La noce fresca era più morbida e dal sapore delicato, mentre quella secca aveva una consistenza più croccante e poteva essere conservata per lunghi periodi, soprattutto durante i mesi invernali quando gli altri alimenti freschi scarseggiavano. La capacità di conservarsi a lungo le rendeva una risorsa importante nelle dispense delle famiglie. Le noci, oltre ad essere apprezzate per il loro valore alimentare, erano un tempo protagoniste di vari giochi tradizionali praticati dai bambini, soprattutto in contesti rurali.

Il noce ha una presenza significativa nella letteratura e nella poesia di varie epoche, spesso simbolo di saggezza, fertilità, mistero e longevità. Esempio significativo le poesie di Giovanni Pascoli, incluse nella raccolta "Primi Poemetti", in cui il noce diventa simbolo di protezione familiare e rifugio sicuro sotto cui la vita continua il suo ciclo naturale. Le poesie riflettono il tema pascoliano della "memoria dell'infanzia" e del ritorno alle radici, dove il noce è testimone delle vicende umane e parte integrante di un paesaggio che è al tempo stesso fisico e interiore.

Grazie alla sua figura imponente, il noce è stato associato anche a leggende e miti, in particolare quelli legati alla magia e alla stregoneria. Sempre in Campania, il celebre "Noce di Benevento" è un simbolo leggendario legato a storie di streghe e riti esoterici. Le streghe si radunavano, secondo la tradizione, sotto l'ombra di un grande noce per celebrare i loro sabba.

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