La minestra maritata dell'Agro nocerino è un "cult" di Santo Stefano
La pietanza viene realizzata con le crucifere prodotte sul territorio, fra cui le tipiche "torzelle"
Annamaria Parlato 26/12/2024 0
La minestra maritata, o “pignato grasso”, è uno dei piatti simbolo della tradizione gastronomica campana e in particolare dell’Agro nocerino-sarnese, un autentico tesoro culinario che racchiude storia, cultura e sapori unici. Questo piatto, il cui nome letteralmente significa “minestra sposata”, prende il nome dall’armoniosa combinazione di carne e verdure, un connubio che si rifà all’antica arte della cucina contadina. La storia è lunga e affascinante, con radici che risalgono all’epoca romana.
La ricetta originale deriverebbe da un piatto noto come “minutal”, una preparazione a base di carne e verdure diffusa nell’antica Roma. Durante il periodo aragonese a Napoli, il piatto subì l’influenza dell’olla podrida spagnola, un ricco stufato di carne e legumi che condivideva la filosofia di combinare ingredienti diversi per creare un piatto unico e sostanzioso. Arricchitasi di profumi e tecniche culinarie importate dagli spagnoli, la minestra maritata divenne più raffinata e si consolidò come elemento distintivo della cucina campana.
Questo pasto unico era originariamente preparato per le occasioni speciali, in particolare per Natale e Pasqua, quando le famiglie si riunivano per celebrare le festività. La sua complessità e ricchezza di ingredienti riflettevano l’abbondanza e il calore delle tradizioni familiari. La minestra maritata ha trovato spazio persino nella letteratura tra i secoli XIII e XVIII (Pulci, Cervantes, Latini, Casanova), contribuendo a raccontare la cultura e le tradizioni campane. Anche in testi meno noti è stata citata come esempio di come il cibo possa riflettere il legame profondo tra terra, tradizioni e memoria collettiva.
Il cuore della ricetta risiede nella perfetta unione tra carne e verdure, che prevede una selezione di tagli specifici (maiale e parti grasse, manzo, pollo o gallina) e un assortimento di ortaggi a foglia, ognuno dei quali contribuisce a creare un’esplosione di sapori. Ogni tipo di carne viene cotto lentamente per ottenere un brodo ricco e saporito, che diventa la base del piatto. Le verdure variano a seconda della stagione e della disponibilità, ma la tradizione dell’Agro privilegia: scarola, bietola, cicoria, catalogna, broccoletti, verza, torzella (una varietà antica di cavolo tipica della Campania, dal sapore intenso e leggermente amarognolo).
Queste verdure, accuratamente lavate e lessate, vengono unite alla carne per completare la minestra. Le carni si cuociono in abbondante acqua con cipolla, sedano e carota, un po' di lardo, formando un brodo ricco e profumato. Le verdure sono aggiunte al liquido di cottura delle carne per preservare i loro sapori distinti. Il tutto viene fatto sobbollire, per consentire ai sapori di amalgamarsi assieme a qualche scorza di parmigiano. Un filo d’olio extravergine d’oliva e una spolverata di formaggio e pepe a completano il piatto. La minestra è spesso accompagnata da pane raffermo tostato o dai tipici scagliuozzi di polenta fritta.
Oggi, è ancora un piatto molto amato, soprattutto nelle famiglie che custodiscono gelosamente le antiche ricette tramandate di generazione in generazione. Molti ristoranti e trattorie dell’Agro propongono questa pietanza nei loro menù, permettendo anche ai turisti di scoprire un autentico sapore della tradizione. Pur essendo profondamente legata al territorio campano, la minestra maritata ha conquistato il palato di molti oltre i confini regionali. Alcune varianti moderne includono ingredienti innovativi o semplificano la ricetta per adattarsi ai ritmi della vita contemporanea, ma il cuore del piatto rimane invariato: l’equilibrio perfetto tra carne e verdure.
Per accompagnare la minestra, è consigliabile scegliere un vino campano che ne esalti i sapori intensi senza sovrastarli. Tra le opzioni migliori: Aglianico del Taburno, un rosso strutturato e ricco di tannini che si sposa perfettamente con la complessità del piatto, bilanciando la grassezza della carne e la mineralità delle verdure; Piedirosso, meno tannico dell’Aglianico, ma con una buona acidità e note fruttate che si combinano bene con il sapore rustico e leggermente amarognolo delle verdure; Greco di Tufo per chi preferisce un vino bianco, che con la sua freschezza e le sue note minerali può offrire un interessante contrasto ai sapori ricchi della minestra maritata.
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"Le vie del gusto" a Sarno, primo appuntamento il 23 agosto
Anche nel 2024 torna l'atteso appuntamento con l'evento culturale ed enogastronomico “Le Vie del Gusto”, organizzato dal Comune di Sarno. L’iniziativa è volta a promuovere la città e il suo centro storico, attraverso un percorso che unisce musica, storia, prodotti tipici e tradizioni locali.
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Annamaria Parlato 31/03/2024
Il nuovo menù pop di "Cinquanta - Spirito Italiano" a Pagani
Un menù pop o menù alla moda è generalmente caratterizzato da cibi semplici, gustosi e riconoscibili, spesso con un tocco moderno o creativo. Questi menù tendono ad essere easy ed accessibili, con piatti che richiamano la nostalgia o la familiarità, ma che sono presentati in modo fresco e innovativo. Frutto della combinazione tra piatti comfort food e gourmet, mescolano sapori tradizionali con presentazioni accattivanti. Questo tipo di proposte sono ideali per ristoranti informali, food truck, caffetterie alla moda e locali notturni, dove i clienti cercano un'esperienza culinaria divertente, gustosa e memorabile.
“E’ un menu molto pop, che vuole divertire il nostro ospite, e vuole essere un nuovo punto di partenza per la cucina del Cinquanta - ha tenuto a precisare Alfonso Califano, anima del progetto paganese - Una proposta tradizionale ma molto divertente, come ad esempio la parmigiana in carrozza, il cavallo di battaglia di Alessandro Tipaldi, alias Ingordo, o la "Ricreazione", ossia la ciabatta con mortadella e provolone”.
Cinquanta - Spirito Italiano, locale di tendenza nato dall'intuizione di Natale Palmieri e Alfonso Califano circa tre anni fa, ha rivoluzionato il concetto di “bar all’italiana”, diventando un luogo di aggregazione e svago a 360 gradi, in cui si può leggere il giornale durante il momento della colazione oppure ci si può incontrare durante l’ora dell’aperitivo e del post-cena, o addirittura fermarsi per un pranzo o una cena veloce.
Il Cinquanta ne ha fatta di strada in tre anni, collezionando importanti riconoscimenti di settore, e avvalendosi della collaborazione di esperti chef, ognuno dei quali ha lasciato la sua impronta e il proprio modus operandi in ogni piatto fumante fuoriuscito dalla instancabile cucina. A completare tutto, la bravura dei bartender e del personale di sala, sempre attento a soddisfare ogni esigenza della clientela di tutte le età.
Punto di forza del locale è infatti la cockteleria, sicuramente tra le più avanguardiste del territorio campano e salernitano; riferimento stabile al momento, almeno per quanto riguarda il meridione d’Italia. Il “Lasciati andare” del Cinquanta, originale claim in arancione fluo, quindi, coinvolge il palato in ogni sua declinazione. La mixologia artigianale qui rappresenta l'arte e la scienza della creazione di cocktail unici e di alta qualità, attraverso l'uso di ingredienti freschi, tecniche avanzate e una profonda conoscenza dei sapori e degli equilibri gustativi.
Al Cinquanta si pone una grande enfasi sull'uso di materia prima d’eccellenza, come distillati premium, liquori artigianali, sciroppi fatti in casa, succhi freschi, erbe aromatiche, spezie e infusi botanici. L'obiettivo è creare cocktail che esaltino i sapori naturali degli ingredienti e offrano una esperienza gustativa superiore. I bartender del Cinquanta sono maestri nell'utilizzare una varietà di tecniche di preparazione, tra cui l'infusione, l'affumicatura, la carbonazione, il fat-washing (aromatizzazione del liquore con grassi come il burro o il lardo) e il sous-vide (cottura a bassa temperatura). Queste tecniche permettono di creare cocktail con sapori e aromi intensi e complessi.
Da pochi giorni è stato presentato il menù firmato dal farmacista e food blogger Ingordo, ricco di interessanti novità. “Abbiamo cercato di porre al centro del progetto il cibo nazional popolare, che parte dall'Italia ma si lascia andare ad influenze internazionali, come ad esempio le nuggets con pollo scucchiato o il padellino paganese con carciofo e pancetta di Rubia Gallega”, ha affermato Alessandro Tipaldi. Le proposte prendono ispirazione dalle tapas, piccoli piatti tradizionali della gastronomia spagnola, serviti come antipasto o come accompagnamento a una bevanda.
La parola "tapas" deriva dal verbo spagnolo "tapar", che significa "coprire". L'origine di questo termine e del concetto di tapas ha diverse storie e leggende che ne raccontano la nascita. Una delle storie più popolari vuole che le tapas siano nate come un modo per coprire le bevande con un pezzo di pane o un altro alimento, per prevenire l'ingresso di mosche o polvere. Gli spagnoli avrebbero poi iniziato ad aggiungere sopra questi "coperchi" piccoli piatti di cibo, dando vita alle tapas come le conosciamo oggi.
In carta funziona bene il pane, pomodoro e scottona, che prende ispirazione dal “pan y tomate”, dove però al posto dello jamon iberico c’è un carpaccio di scottona selezione Baraonda e il pomodoro viene grattugiato e condito con olio, aglio, basilico, sale e pepe. Anche le fifty nuggets in chiave italiana, da intingere nella mayo al lime o nella barbecue della casa, sono goderecce e si lasciano divorare come le ciliege, poiché al loro interno c’è del pollo scucchiato cotto lentamente e sfilacciato, succoso e molto campagnolo, a cui è abbinato il cocktail "Casa Maria" a base di vodka alla provola affumicata, pomodoro pelato e passata di pomodoro Casa Marrazzo chiarificati, salsa di soia, tabasco e basilico.
“Siamo molto felici di questa collaborazione perché punta a migliorare la nostra offerta food, sia per la pausa pranzo che per la cena - ha dichiarato Natale Palmieri, il bartender classificatosi al 2° posto alla World Class Italy 2022 e colonna portante del progetto Cinquanta - Inoltre abbiamo arricchito la nostra selezione di materie prime con collaborazioni di livello: alcune storiche, come quella con Casa Marrazzo Conserve, che ci accompagna fin dall'inizio, altre nuove, come quella con Peppe Menichini del Baraonda, che seleziona e confeziona dei salumi appositamente per noi”.
Interessanti anche la “tartare è tonnata” con carne di filetto del Salumificio Fezza, condita con la salsa tonnata composta da mayo, uova sode fredde, capperi, tonno e cucuncio con polvere di limone per guarnire, abbinata al cocktail “Death in the afternoon” con alsace riesling dopp&irionn, la fee assenzio, angostura orange, la parmigiana in carrozza e il polpo e patate da gustare con un “London Calling” in cui c’è del gin bombay premier cru, sherry tio Pepe Palomino Fino, succo di limone, zucchero e angostura orange.
I padellini sono imperdibili, frutto di ricerca e perfezionamento di Alessandro Tipaldi, allievo e amico di Gabriele Bonci. Gli impasti hanno un’idratazione dell’80% e la maturazione è di circa 36 ore. La maturazione viene realizzata con doppio pre-fermento: un poolish idratato al 100% e una biga al 55%. Questi due preimpasti vengono uniti dopo aver fatto 24 ore di fermentazione e fatti rifermentare altre 12. Prima di infornare, viene aggiunta salamoia di pomodoro.
Consigliata la Cosacca 2.0 ma ancora di più la Paganese multicereale ripiena, che vuole onorare uno dei prodotti simbolo di Pagani, il carciofo. Nel periodo pasquale viene mangiato arrostito assieme a salumi e formaggi. A completare l’imbottitura ci sono del primosale e pancetta di Rubia Gallega. I profumi di questa focaccia vengono esaltati se abbinati ad una birra California West Coast IPA 6,3% vol. di Mastri Birrai Umbri, dal colore dorato corposo e velato, spuma a grana fine, molto persistente. L'aroma è caratterizzato da note agrumate, erbacee e resinose di luppolo appena raccolto. Il gusto si basa sull'amaro del luppolo con lievi note di malto, una birra medio-leggera con un'elevata persistenza retro-olfattiva.
Per concludere, si può ordinare una pizza di gallette al “Limoncello Nazionale”, con i biscotti bagnati al limoncello e ripieni di crema pasticcera al limone, servita con un cocktail “Delizia al limone” composto da gin bombay premier cru, limoncello nazionale, liquore al cacao bianco e panna fesca.
Oggi, i bar sono una parte integrante della cultura moderna in tutto il mondo, continuano a evolversi, offrendo nuove esperienze e opportunità per socializzare in un ambiente confortevole e accogliente; Cinquanta - Spirito Italiano ne è un esempio lampante e vincente.
Cinquanta Spirito Italiano è un cocktail bar all’italiana nato nel 2021 a Pagani, in provincia di Salerno. Nel 2021 Gambero Rosso lo inserisce tra i “Bar d’Italia”, mentre Bargiornale lo elegge “Bar Rivelazione d’Italia”. Nel 2022 e nel 2023 viene nominato tra i primi 200 bar al Mondo da “500 Top Bar”. Nel 2023 viene nominato come il miglior “Bar Team dell’Anno” d’Italia secondo Bargornale, alla nona edizione dei Barawards, mentre il bartender Emanuele Primavera riceve il premio come “Best Bartender under 35” alla quarta edizione dei “Food & Wine Italia Awards 2023”. Nel 2022 colleziona il secondo posto come “Miglior Bar Team d’Italia” secondo Bargiornale; nuovamente inserito tra i “Bar d’Italia” secondo Gambero Rosso; il general manager Natale Palmieri si classifica al 2º posto alla WorldClass Italia; il bartender e direttore di sala Emanuele Monteverde si classifica al 2º posto Patròn Perfectionist Italia.
Annamaria Parlato 22/03/2025
Marzatica, la cipolla bianca di Pompei: storia, gusto e benessere
La cipolla bianca di Pompei è una varietà tradizionale coltivata nel territorio pompeiano e dell'Agro Nocerino-Sarnese. Questo ortaggio si distingue per le dimensioni medio-piccole, la forma appiattita e la polpa bianca con leggere sfumature verdi. La sua coltivazione ha radici antichissime e si intreccia con la storia di Pompei e dell’area vesuviana, dove la cipolla era già conosciuta e utilizzata dagli antichi Romani.
Scavi archeologici hanno dimostrato che nella Pompei del I secolo d.C. la cipolla era un alimento di largo consumo, tanto da essere rappresentata in alcuni affreschi e citata nei testi dell’epoca come parte integrante della dieta quotidiana. Gli abitanti di Pompei e delle zone limitrofe la consumavano cruda, in insalata, oppure cotta e mescolata con altri ingredienti, come formaggi e legumi, per preparare pietanze nutrienti ed economiche. Con la distruzione di Pompei nel 79 d.C., a seguito dell’eruzione del Vesuvio, molte colture agricole furono devastate, ma la tradizione della cipolla si mantenne nei secoli successivi grazie agli agricoltori locali, che continuarono a selezionare le migliori varietà.
Durante il Medioevo, la cipolla era considerata un alimento essenziale per la popolazione rurale e per i monaci che la coltivavano negli orti dei monasteri. In epoca borbonica, con il rinnovamento agricolo del Regno di Napoli, la cipolla bianca di Pompei venne ulteriormente valorizzata e inserita nelle rotazioni colturali tipiche della piana vesuviana. Ancora oggi, questa varietà è coltivata con metodi tradizionali che ne preservano le caratteristiche originarie, tramandando tecniche agronomiche che risalgono a secoli fa.
Dal punto di vista agronomico, la cipolla bianca di Pompei si caratterizza per un ciclo precoce e una buona adattabilità ai terreni vulcanici dell’area vesuviana. Predilige suoli sciolti, ben drenati e ricchi di sostanza organica, con un pH compreso tra 6,0 e 7,5. Il clima ideale per la sua coltivazione è quello mediterraneo, con inverni miti ed estati calde, ma si adatta anche a temperature più fresche, purché non scendano sotto i 5°C per periodi prolungati. La semina avviene tra agosto e settembre, con trapianto autunnale (ottobre-novembre) delle piantine su file semplici o multiple, mantenendo una distanza di circa 15 cm tra le piante e 30 tra le file. L’irrigazione è fondamentale nelle prime fasi di sviluppo, soprattutto se si verificano periodi di siccità invernale. Tuttavia, è importante evitare ristagni idrici, che potrebbero favorire malattie fungine come la peronospora (Peronospora destructor) o la botrite (Botrytis allii).
La concimazione deve essere equilibrata: si consiglia l’uso di fertilizzanti a base di azoto, fosforo e potassio, privilegiando ammendanti organici come compost o letame maturo per migliorare la fertilità del terreno. La raccolta avviene generalmente tra marzo e giugno, quando le cipolle hanno raggiunto la maturità, caratterizzata dall’ingiallimento e dalla piegatura delle foglie. Una volta estratte dal terreno, vengono lasciate ad asciugare al sole per alcuni giorni, in modo da favorire la conservazione. Le cipolle raccolte vengono commercializzate fresche, spesso in mazzi legati con le loro stesse foglie. Le varietà locali prendono il nome dal periodo di maturazione, scandendo così la stagionalità di questa coltura tipica dell’Ager Pompeianus.
Ogni varietà si distingue per lievi differenze nella pezzatura e nella consistenza, pur mantenendo le caratteristiche distintive di dolcezza e croccantezza. Marzatica: matura a marzo e presenta un equilibrio tra croccantezza e succosità, ideale per insalate e preparazioni crude; Aprilatica: raccolta ad aprile, è una delle più diffuse e viene spesso utilizzata sia fresca che per conserve sott’olio o sott’aceto; Maggiaiola: è la varietà di maggio, caratterizzata da un bulbo più sviluppato e da un sapore leggermente più intenso, perfetto per soffritti e piatti a lunga cottura; Giugnese: ultima della stagione, raccolta a giugno, presenta un’ottima conservabilità ed è utilizzata sia per il consumo fresco che per preparazioni tradizionali, come la pizza di cipolle o la cipolla gratinata.
Dal punto di vista salutistico, la cipolla bianca di Pompei è una fonte preziosa di composti solforati, tra cui l’allicina, che ha proprietà antibatteriche, antifungine e antivirali. È ricca di flavonoidi come la quercetina, un potente antiossidante che aiuta a ridurre l’infiammazione e a proteggere il sistema cardiovascolare, riducendo i livelli di colesterolo LDL e migliorando la circolazione sanguigna. Grazie alla presenza di vitamine del gruppo B (B1, B2 e PP), questa cipolla favorisce il metabolismo energetico e il corretto funzionamento del sistema nervoso. La vitamina C potenzia le difese immunitarie e protegge le cellule dallo stress ossidativo. La presenza di sali minerali come potassio, calcio e ferro aiuta a mantenere l’equilibrio idrico, rafforza ossa e denti e previene l’anemia.
Inoltre, la cipolla bianca di Pompei ha proprietà ipoglicemizzanti, contribuendo a regolare i livelli di zucchero nel sangue e risultando utile per chi soffre di diabete. I suoi effetti diuretici e depurativi favoriscono l’eliminazione delle tossine, riducendo la ritenzione idrica e migliorando la funzionalità renale. Studi scientifici dimostrano che il consumo regolare di cipolle può avere un ruolo nella prevenzione del cancro, grazie alla capacità di inibire la crescita di cellule tumorali in diversi tessuti.
Tra le ricette in cui esaltare la cipolla bianca di Pompei c'è la zuppa, preparata facendo appassire lentamente le cipolle in olio extravergine di oliva e sfumandole con vino bianco, prima di aggiungere brodo vegetale e pane tostato; oppure la confettura di cipolle, ottenuta cuocendo le cipolle con zucchero, aceto balsamico e spezie, perfetta per accompagnare formaggi stagionati. Un altro piatto tipico è la frittata, dove le cipolle vengono rosolate fino a doratura, prima di essere mescolate con uova sbattute e cotte in padella fino a ottenere una consistenza soffice e dorata. Infine, la cipolla può essere protagonista di una pizza rustica al padellino con cipolle stufate, olive nere, acciughe e provola affumicata, apprezzandone tutta la freschezza e profumi.