Nell'Agro nocerino il sedano è l'ortaggio che unisce campo e cucina
Dal disciplinare di produzione integrata alle ricette, viaggio tra agricoltura e gastronomia
Annamaria Parlato 26/09/2025 0
L’Apium graveolens, appartenente alla famiglia delle Ombrellifere, è una pianta erbacea di origine spontanea diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo e tipica delle zone paludose lungo le coste. Sui nostri mercati è reperibile attualmente, tra le altre, la varietà “dulce”, che comprende il sedano da coste, bianco o verde. Questa varietà viene usata prevalentemente come aromatizzante nei brodi, ma viene anche consumata cruda in insalata, in pinzimonio o come antipasto, riempiendo le coste di gorgonzola e burro o caprini conditi. Le foglie che generalmente si scartano, essiccate, permettono di avere sempre a disposizione questo aroma gradevolissimo.
Piuttosto diffusa è anche la varietà “rapaceum”, cioè il sedano-rapa di Verona o Praga. Il nome scientifico “Apium”, adottato da Linneo, deriva da àpios, parola con la quale i Greci identificavano sia il prezzemolo sia il sedano. Il termine italiano sedano deriva da sélinon, citato da Omero e Plutarco, ed era usato per incoronare i vincitori dei giochi degli eroi e per le corone mortuarie. Apicio, nel suo manuale di gastronomia, lo cita in ben 60 ricette. Fino al 1600 circa, il sedano conosciuto, l’apio, era esclusivamente selvatico; aveva un sapore amaro che si doveva eliminare con una bollitura preliminare. Fu merito degli italiani, che in quel secolo ne cominciarono la coltivazione orticola con metodi razionali e selettivi, se oggi possiamo gustarlo in tutta la sua dolcezza e per tutto l’anno.
Dice l’Artusi: “Gli antichi né banchetti, s’incoronavano colla pianta del sedano, credendo di neutralizzare con essa i fumi del vino”. Questa presunta dote fa sorridere il nostro buon senso. Le moderne tecniche di analisi permettono invece di qualificare questo vegetale tra i più ricchi di minerali, di nitrati e di vitamine, che gli conferiscono un’azione tonica e stimolante. E’ stimato un buon antireumatico, e il succo crudo, applicato sulle ferite, sembra essere un buon cicatrizzante.
Il sedano rappresenta una delle orticole più rilevanti della produzione integrata campana e dell’Agro Nocerino-Sarnese. Il disciplinare regionale dedica particolare attenzione alle fasi di semina, irrigazione e raccolta. La tecnica prevalente di impianto è il trapianto, che assicura uniformità e qualità: le piantine, allevate in semenzaio, sono pronte dopo circa 60-70 giorni, quando hanno sviluppato 4-5 foglie. In pieno campo il trapianto si effettua da aprile agli inizi di luglio per garantire produzioni estive e autunnali, mentre in coltura protetta i cicli possono essere programmati in autunno-inverno o inverno-primavera in base alle condizioni climatiche e alla disponibilità di riscaldamento. Le distanze consigliate sono di 70-90 cm tra le file e 20-25 cm sulla fila, per una densità che varia da 44.000 a 70.000 piante per ettaro (4,4-7 piante per metro quadrato); in coltura protetta gli investimenti sono più fitti, da 8 a 17 piante per metro quadrato con file a 40-60 cm.
I cicli colturali principali sono tre: raccolta estiva, con trapianto tra fine marzo e inizio maggio e raccolta da giugno; raccolta invernale, con trapianto a luglio e raccolta a fine gennaio; coltura forzata, attuata in serre o tunnel con cicli autunno-invernali o inverno-primaverili. L’irrigazione riveste un ruolo cruciale, poiché il sedano è sensibile ai ristagni: l’apporto idrico deve rispettare la capacità di campo e viene calcolato attraverso un bilancio idrico che tiene conto del tipo di terreno, delle fasi fenologiche e delle condizioni climatiche. Per gli impianti ad aspersione o a portata elevata, i massimali previsti per singolo intervento sono 350 m³/ha (35 mm) nei terreni sabbiosi, 450 m³/ha (45 mm) nei terreni franchi e 550 m³/ha (55 mm) nei terreni argillosi; non vi sono invece limitazioni per gli impianti a microirrigazione, come goccia o manichette a bassa portata, che permettono un uso più efficiente dell’acqua.
La raccolta avviene in un arco di tempo che varia da 80 a 150 giorni dal trapianto, a seconda della varietà e del periodo di coltivazione, e deve essere condotta in modo da preservare la croccantezza e la freschezza delle coste. Fondamentale è anche la gestione post-raccolta, che prevede il rapido conferimento ai centri di stoccaggio per garantire la qualità del prodotto. Il disciplinare pone infine l’accento sulla tracciabilità: i sedani coltivati secondo le regole della produzione integrata devono essere identificati e resi distinguibili rispetto ad altre produzioni, assicurando al consumatore un alimento di qualità certificata, ottenuto con tecniche sostenibili e rispettose dell’ambiente.
Il sedano è una coltura di valore agronomico e un ingrediente imprescindibile della cucina campana e in particolare dell’Agro Nocerino-Sarnese: compare infatti nell’insalata di stoccafisso o di baccalà, nel ragù “simil bolognese” utilizzato per condire le tagliatelle o i fusilli all’uovo, accompagna lo street food per eccellenza rappresentato da ‘o pere e ‘o muss, arricchisce la tradizionale minestra di lenticchie e più in generale svolge un ruolo fondamentale nel conferire sapore e struttura a piatti di grande identità territoriale.
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Nell'Agro nocerino-sarnese si conservano i pomodori autoctoni per l'inverno
Il pomodoro secco è nato come risposta pratica e ingegnosa alla necessità di conservare lo stesso durante i mesi invernali, quando la disponibilità di quello fresco era limitata. L'usanza estiva dei pomodori secchi è una tradizione molto radicata in diverse regioni del sud Italia, specialmente in Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata. Questa pratica consiste nel conservare i pomodori attraverso l'essiccazione al sole, un metodo antico e naturale che permette di mantenere il gusto e le proprietà nutritive del frutto per lunghi periodi, senza necessità di refrigerazione.
Questo metodo ha radici antiche e si è sviluppato in diverse culture mediterranee, dove le condizioni climatiche erano ideali per l'essiccazione naturale degli alimenti. L'essiccazione è una delle più antiche tecniche di conservazione degli alimenti, utilizzata molto prima dell'invenzione della refrigerazione. Popoli antichi come gli Egizi, i Greci e i Romani essiccavano vari tipi di frutta e verdura per conservarli durante i periodi di scarsità.
Il pomodoro è originario delle Americhe e fu introdotto in Europa dai colonizzatori spagnoli nel XVI secolo. Inizialmente, il pomodoro era considerato una pianta ornamentale e solo gradualmente fu accettato come alimento. Nel sud Italia, il pomodoro divenne rapidamente una parte integrante della dieta locale, grazie al clima caldo e soleggiato che favoriva la coltivazione di questa pianta. Le comunità rurali del Meridione e di altre regioni mediterranee iniziarono ad adattare le tecniche di essiccazione già utilizzate per altre piante, come i fichi e le olive, applicandole ai pomodori. La tecnica dell'essiccazione al sole si sviluppò in modo particolare in regioni come la Sicilia, la Calabria, la Puglia e la Campania, dove il sole estivo è particolarmente intenso e l'umidità è bassa. Questo metodo permetteva alle famiglie di evitare gli sprechi, utilizzando tutto il raccolto di pomodori anche quando era abbondante.
Con il passare del tempo, il pomodoro secco divenne una parte importante della cucina tradizionale italiana e mediterranea. Le ricette e le tecniche di essiccazione si tramandavano di generazione in generazione, diventando parte del patrimonio culinario locale. La crescente popolarità della cucina mediterranea a livello internazionale ha portato il pomodoro secco sulle tavole di tutto il mondo, rendendolo un ingrediente apprezzato in molte ricette. L'essiccazione concentra il sapore dei pomodori, esaltandone la dolcezza e l'intensità. Questo rende i pomodori secchi un ingrediente versatile, utilizzabile in una vasta gamma di piatti, dai primi alle insalate, dalle salse ai contorni. I pomodori secchi mantengono gran parte dei nutrienti presenti nei pomodori freschi, come le vitamine A e C, il licopene e altri antiossidanti benefici per la salute. Sono facili da conservare e hanno una lunga durata, specialmente se immersi in olio d'oliva o in contenitori ermetici in un luogo fresco e buio.
Per la procedura tradizionale vengono scelti pomodori maturi, solitamente della varietà San Marzano o Piennolo, che sono tipici dell’Agro nocerino-sarnese, particolarmente carnosi e adatti all'essiccazione. I pomodori vengono lavati, tagliati a metà longitudinalmente e disposti su graticci o reti di essiccazione, con la parte tagliata rivolta verso l'alto. Le metà dei pomodori vengono cosparse con sale grosso, che aiuta a disidratarli e a preservarne il colore e il sapore. I pomodori vengono esposti al sole per diversi giorni, in genere da una settimana a dieci giorni, a seconda delle condizioni climatiche. Durante questo periodo, vengono ritirati ogni sera per proteggerli dall'umidità notturna e coperti con teli leggeri per preservarli da insetti e polvere.
Una volta completamente essiccati, i pomodori vengono raccolti e conservati in vasetti di vetro con olio d'oliva, eventualmente aromatizzati con aglio, peperoncino, origano o altre erbe aromatiche. Possono essere anche conservati in sacchetti di tela o contenitori ermetici, in luoghi freschi e asciutti. Sono estremamente versatili e possono essere utilizzati in vari modi in cucina: sono ideali come antipasto, spesso accompagnati da formaggi, olive e pane; aggiunti a pasta e risotti, per un tocco di sapore intenso e dolce; utilizzati in farciture di carne, pesce o verdure; nelle insalate, per un gusto deciso; tritati e usati come condimento per pizze, focacce o bruschette. Questa cibo tradizionale non solo celebra la stagionalità e la conservazione naturale degli alimenti, ma rappresenta anche un legame con la cultura e le radici gastronomiche delle regioni mediterranee.
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Pompei, il pizzaiolo Contaldo sul podio al Mondiale di Parma
Il pizzaiolo pompeiano Gaetano Contaldo, in forza al ristorante "La Gare" di Pompei, con la sua Margherita Stg ha conquistato il terzo posto nella categoria "Pizza Napoletana Stg - Regina di Tradizione" al 32° Campionato Mondiale della Pizza, tenutosi a Parma dall’8 al 10 aprile 2025. Con un punteggio di 767 punti, Contaldo è risultato il primo rappresentante della Campania nella graduatoria della competizione.
La categoria Pizza Napoletana Stg (Specialità Tradizionale Garantita) richiede l’adesione a un disciplinare rigoroso, depositato presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, che riconosce nella Margherita e nella Marinara i modelli autentici della tradizione e ne definisce ingredienti e tecniche di lavorazione specifiche.
Gli unici tipi di pizza ammessi sono la Margherita e la Marinara, preparate esclusivamente con prodotti selezionati come farina di grano tenero, lievito di birra, acqua potabile, pomodori pelati o freschi, sale marino e olio extravergine d’oliva, con l’eventuale aggiunta di mozzarella Stg o di Bufala Campana Dop, aglio, origano e basilico fresco.